Bambini dimenticati in auto – Siamo dei mostri?
A tutti i genitori, anche a voi che state leggendo, può succedere di dimenticare in auto i propri bambini. Nessuno escluso: in certe situazioni di stress e stanchezza possono infatti scattare dei meccanismi nel cervello tali che anche la mamma o il papà più premurosi possono scordarsi il figlio piccolo in macchina. Sembra inaccettabile, eppure è così. Non si parla dei casi in cui lo si lascia consapevolmente qualche minuto per sbrigare una commissione (comportamento ovviamente sbagliatissimo), ma di quelli in cui proprio si rimuove la sua presenza sul seggiolino.
Spiegare un evento così tremendo e tragico è difficile e andrebbe valutato caso per caso per individuarne i motivi. In qualche misura sembra che però tali tragici incidenti abbiano qualcosa in comune. Si ipotizza una forma di dissociazione, in cui la memoria mente a se stessa, generando i cosiddetti ricordi falsi: si può pensare di aver fatto qualcosa che in realtà non si è fatto. I meccanismi cerebrali che regolano la memoria e la coscienza sono molto complessi e può accadere ad esempio che si sia convinti di avere svolto una determinata azione in maniera automatica dandola per scontata perché la si ripete tutti i giorni, quando invece non è così. Tenere a mente simultaneamente diversi compiti può a volte determinare che, in modo non consapevole, si passi da un compito all’altro scardinando le priorità che ci attenderemmo: così nel cervello può verificarsi una sorta di black-out alla base della tragica dimenticanza, come ad esempio di accompagnare al nido un figlio o dalla baby-sitter prima di andare al lavoro. Tale sovraccarico delle funzioni mentali può probabilmente avvenire a causa del forte stress emotivo, di stanchezza, di mancanza di sonno che sono certamente fattori di rischio ma non fattori causali.
È possibile che capiti a tutti. È un fenomeno che può riguardare ogni categoria sociale, genitori che sono persone presenti e premurose: non è giudicare la strada migliore, semmai provare a comprendere. A volte ci si dimentica di se stessi, non si dà ascolto a come ci si sente, ai segnali di stanchezza che corpo e mente mandano silenziosamente pensando di poter controllare tutto: e purtroppo spesso ai genitori manca supporto sociale, aiuti concreti per conciliare lavoro, impegni e famiglia ma è anche difficile l’accettare di dover chiedere aiuto, quando ci si sente sopraffatti.
Vent’anni fa dimenticare un bambino in macchina era un fatto abbastanza raro. Le statistiche evidenziano un aumento significativo di questi casi a partire dagli anni Novanta, in seguito all’introduzione dell’airbag anche per il posto del passeggero a lato del guidatore. L’apertura dell’airbag in caso di incidente può essere pericolosa per i bambini, quindi gli esperti di sicurezza stradale suggerirono di sistemare il seggiolino non più sul sedile anteriore ma su quello posteriore. Le conseguenze di questo nuovo posizionamento furono una maggiore sicurezza ma una ridotta visibilità del bambino a bordo da parte del guidatore. Nessun esperto avrebbe mai immaginato che questa nuova norma potesse diventare un fattore rilevante nella casistica delle morti di bambini dimenticati in macchina.
Alcuni dei casi più eclatanti e dai risvolti tragici sono arrivati sulle colonne dei quotidiani fino a scuotere le coscienze dell’opinione pubblica per la loro drammaticità.
LA SPEZIA – Il 5 maggio 2016 un bambino di 4 anni è rimasto legato al seggiolino e chiuso nell’auto dei genitori, tra l’altro con le chiavi all’interno.
GROSSETO – Il 10 giugno 2015 un giovane papà ha lasciato per due ore la figlia di due anni sul sedile posteriore in macchina, pensando di averla portata in asilo.
NAPOLI – Il 22 luglio 2013 un bambino di 3 anni è stato lasciato chiuso in auto a Scampia.
PIACENZA – Il piccolo Luca Albanese, di 2 anni, è stato dimenticato, il 4 giugno 2013, in auto dal padre sotto il sole per 8 ore. Il padre non si è ricordato di lasciare il piccolo all’asilo.
ROMA – Il 19 maggio 2013 un bambino di 2 mesi è stato trovato chiuso in macchina.
ROMA – Il 4 giugno 2011 due gemellini di 11 mesi sono stati lasciati in automobile in via Oderisi da Gubbio, in zona Marconi. I genitori sono andati a giocare alle slot machines in un locale, portandosi dietro la figlia più grande di 2 anni.
PERUGIA – Jacopo, un bambino di 11 mesi, è stato lasciato per 3 ore da solo in auto a Passignano sul Trasimeno, vicino Perugia, il 27 maggio 2011. Il padre doveva accompagnarlo al nido, ma si sarebbe dimenticato.
TERAMO – Il 18 maggio 2011 a Teramo è morta Elena Petrizzi, di 22 mesi, è stata lasciata per 5 ore in auto dal padre, che si è recato al lavoro, non accompagnando la piccola alla scuola materna.
Non si vuole giustificare il loro comportamento ma si può accogliere l’urlo di sofferenza e di dolore di una madre o di un padre che si porteranno un gran senso di colpa per l’intera vita, perché potevano essere più attenti, più prudenti, più “responsabili”.
Il dolore che infligge un genitore nello scoprire il figlio/a morto/a in auto per una dimenticanza che purtroppo segnerà la sua vita si trasforma in impotenza totale che sarà accompagnata dalla consapevolezza di aver commesso un reato, perché quest’ultimo effettivamente è stato commesso, pur inconsapevolmente, pur innocentemente.
Si parla di abbandono dei minori e la pena va da 6 mesi a 5 anni. Si tratta di un reato di pericolo quindi non è necessario che si configuri l’evento lesivo: se si dimenticasse il figlio in auto e qualcuno dovesse intervenire e metterlo in salvo prima che gli possa succedere qualunque cosa, si compie comunque un abuso. Si tratta di reato colposo in quanto non c’è la volontà di far male ai propri figli, nel caso contrario si tratterebbe di omicidio o di lesioni. Accantonato l’aspetto penale, dal punto di vista civile possono partire tutta una serie di indagine per verificare se effettivamente si è in grado di rivestire la figura genitoriale.
Si potrebbero lasciare gli oggetti personali come la borsa o il telefono sul sedile posteriore, accanto al seggiolino, per essere certi di controllare una volta scesi dalla macchina, e di lasciare sempre sul sedile posteriore anche gli oggetti del bambino come “promemoria” sulla sua presenza.
Utile anche segnare sullo smartphone, il tablet o lo smartwatch un promemoria per il giorno in cui si accompagna il bambino al nido o all’asilo, che segnali l’ora in cui il piccolo deve essere lasciato a destinazione. Fondamentale, inoltre, comunicare al partner, a un amico o a un familiare eventuali cambi di programma che comportino l’accompagnare o il riprendere il bimbo, e chiedere ad asili o baby-sitter di avvertire nel caso in cui il piccolo non sia stato lasciato nell’orario concordato. Infine, un dispositivo di allerta, sonoro o luminoso, che si attiva quando si spegne il motore e ci si allontana senza il bimbo può rivelarsi utile per prevenire eventuali dimenticanze.
Proprio in quest’ultima direzione si sta inoltre muovendo la tecnologia, con molte aziende e start-up che hanno deciso di specializzarsi nel mettere a punto sistemi di controllo in grado di segnalare la dimenticanza: ne sono un esempio i seggiolini con allarme incorporato come l’americano Embrace Evenflo DLX con SensorSafe, che nella cintura con cui si assicura il bimbo ha incorporato un sensore che si collega al display del cruscotto ed emette un segnale sonoro se il conducente spegne l’auto senza slacciare la cintura.
Embrace Evenflo DLX con SensorSafe |
Un dispositivo molto simile arriva anche dall’Italia: Remmy è un sensore firmato da due papà italiani che si applica a qualsiasi seggiolino e che si alimenta tramite l’accendisigari. Se il conducente spegne il motore lasciando il bimbo sul seggiolino parte un allarme sonoro che segnala la presenza del piccolo nell’abitacolo, basandosi sul peso invariato (il costo è di 60 euro). Concetto del tutto simile a quello che caratterizza il “salva bebè” ideato dal ricercatore Fioravante Tiveron, composto da due sensori, uno da collegare al seggiolino, l’altro da lasciare sul sedile del guidatore: se l’adulto si alza dal sedile senza recuperare il bambino, scatta un allarme luminoso e sonoro che ne segnala la presenza.
Ancora, il belga Kenny Devlieger, di professione magazziniere, nel 2014 ha ideato Gabriel, un portachiavi che si collega wireless a un nastro sensibile alla pressione installante sotto ogni seggiolino: se si lascia l’auto e il peso sul seggiolino resta invariato, il portachiavi emette un primo segnale, mentre il tappetino abbinato inizia a monitorare la temperatura. Nel caso superi i 28 gradi, il portachiavi inizia a suonare con più frequenza e a volume più alto, sino a quando non si torna alla macchina a controllare.
Gabriel |
Chi non si separa mai dallo smartphone, invece, può contare sulle app: Waze, la popolare applicazione di Google per monitorare il traffico, ha aggiunto alle feature gratuite il “Promemoria bimbo in auto”, una notifica accompagnata da un segnale sonoro che ricorda al guidatore di controllare l’abitacolo una volta arrivati a destinazione. Basta abilitare la funzione dal menù impostazioni, e il promemoria viene inviato una volta registrato il percorso effettuato dall’auto.
Funzionamento simile anche per l’app Kars4Kids e per l’italiana Infant Reminder, una delle prime a essere sviluppata per prevenire le morti per “dimenticanza”: una volta scaricata sullo smartphone e attivata registra il percorso e, una volta raggiunta la destinazione, inizia a inviare notifiche che, se
non vengono visualizzate, fanno scattare il “protocollo di emergenza”, con invio di email e messaggi ai numeri memorizzati di persone che possono intervenire in tempo.
Ilenia Cicatello