venerdì 27 aprile 2018
SixthContinent
Il rischio nella professione dell'assistente sociale [DOWNLOAD DISPENSE APPUNTI RIASSUNTI GRATIS DI ECONOMIA]
Avevamo in precedenza trattato l’argomento sulla professione dell’assistente sociale.
Ma ricordiamone, nuovamente, l’importanza di essa.
La professione di assistente sociale è sorta e si è sviluppata, quando il concetto di «assistenza sociale» ha trovato una più concreta applicazione legislativa, con l’affermazione della concezione dello «Stato sociale». Per «Stato sociale» si intende quel tipo di Stato che ha come fine e garantisce non solo l’eguaglianza e la libertà dei cittadini, ma anche (entro i limiti in cui le risorse e le energie pubbliche lo consentono) il benessere sociale, sia mediante una serie di attività (tra cui l’assistenza sociale) realizzate da esso in prima persona o attraverso enti pubblici (Regioni, Province, Comuni etc.), sia tramite provvidenze che tutelano fasce di cittadini economicamente più deboli o meno protette.
L’assistente sociale è chiamato a prestare la sua opera in determinati contesti sociali, per cui egli utilizzerà mezzi, strumenti, tecniche e metodi specifici affinché, oltre al sostegno psicologico, possa offrire all’utenza quell’aiuto materiale predisposto dalla società, sempre finalizzato a prevenire o eliminare lo stato di bisogno. Perché ricordare la figura della professione?
Perché oggigiorno ascoltiamo notizie che lasciano senza parole, in cui ci si trova a rischio pur lavorando al servizio della persona per soddisfare richieste, domande, bisogni.
L’aggressività degli utenti, spesse volte, è smisurata.
Gli utenti chiedono l’aiuto, l’assistente sociale si prodiga per attivare un piano d’intervento, ma se, per vari e ovvi motivi, il risultato finale non è quello sperato e si ha un fallimento, gli utenti cosa fanno?
Decidono di scatenare la propria ira sul professionista.
Ultima notizia arriva da Andria, comune della Puglia, una donna versa benzina su assistente sociale.
La donna aveva in tasca un accendino ed era pronta a dar fuoco alla vittima: all'origine del gesto un provvedimento del Tribunale per i minori che ha tolto a lei e al marito la patria potestà del figlio.
La donna ha gettato benzina addosso a un assistente sociale che era in servizio negli uffici del Comune di Andria e aveva un accendino in tasca, pronta a dargli fuoco, ma le urla della vittima hanno fatto sì che intervenissero i vigili urbani che sono riusciti a bloccare la donna.
"La cronaca - dice il sindaco - ci consegna un episodio di enorme gravità". "Il gesto compiuto ai danni di chi - aggiunge il primo cittadino - con dedizione, fa solo il suo lavoro e lo fa con comprensione e responsabilità, è di una gravità assoluta".
La causa di tale condotta sarebbe un provvedimento del tribunale dei minori di Bari, nei confronti della donna e di suo marito, ai quali la scorsa settimana è stata revocata la potestà genitoriale nei confronti del figlio.
"In accordo con il sindaco - ha affermato, l'assessore comunale ai servizi sociali - sarebbe opportuno convocare un tavolo con le forze dell'ordine per capire come lavorare in condizione di sicurezza a cominciare dalla collocazione degli uffici che, come previsto, dovrebbero essere trasferiti nel centro della città".
Tutto ciò ci insegna l’importanza della professione di coloro che si pongono al servizio alla persona, ma anche il rischio che si corre per coloro che ancora hanno dei pregiudizi nei confronti di questa professione, ma che possono essere contrastati attraverso l’informazione sul ruolo e le funzioni di questa figura professionale.
Ilenia Cicatello
Bomba ad orologeria : blocco emotivo [DOWNLOAD DISPENSE APPUNTI RIASSUNTI GRATIS DI ECONOMIA]
Possiamo trovare definizioni ovunque per capire cosa è un “blocco emotivo”.
Spesse volte si pensa che siano due parole messe vicine, dette e/o utilizzate tanto per dire qualcosa senza dare importanza a ciò che si pronuncia. Un blocco emotivo è una “bomba ad orologeria” in un corpo che tende ad essere apparentemente forte ma che si sta distruggendo sottovoce fino al punto di esplodere e frantumarsi in mille pezzi.
Quando una situazione ci colpisce molto a livello emotivo, la nostra mente mette in moto un meccanismo di difesa che ci permette di sopravvivere al problema e questo è ciò che si conosce come blocco emotivo.
In questo modo attutiamo l'impatto della situazione e ci proteggiamo dal dolore.
Più tardi, quando siamo in grado di interiorizzare quanto è successo, accetteremo l'evento e potremo andare avanti.
Da questo punto di vista, il blocco emotivo è una cosa positiva perché ci protegge da una situazione che consideriamo potenzialmente pericolosa.
Ci impedisce di andare avanti e di farci del male o addirittura di essere vittime di uno stress particolarmente intenso che può generare un trauma.
Ovviamente i blocchi emotivi si verificano non solo quando ci troviamo di fronte a circostanze negative, ma sono anche una risposta a notizie talmente buone da sembrare incredibili.
In questi casi, la persona ha bisogno di un periodo di tempo per assimilare l'idea e nel frattempo, è come se non l’avesse percepita, può sentirsi paralizzata o continuare con la sua vita normale, come se nulla fosse accaduto.
Spesso la persona non è in grado di superare questa fase di blocco che impedisce di vivere ogni momento della vita, diventa una convinzione invalidante, un pesante fardello da portare sulle spalle.
I risentimenti, le ferite non rimarginate, le cose mai dette, e, in generale, tutto ciò che viene immagazzinato e rappresenta in qualche modo un carico emotivo, ci distrugge.
A volte questo danno si traduce in problemi di salute, ma altre volte si esprime nei problemi per relazionarsi con gli altri o mediante la frustrazione e la mancanza di autostima.
Tutto questo succede perché la persona preferisce rimanere nella sua zona di comfort, a volte sceglie di restare ancorata al passato, anche quando questo è doloroso, perché ha paura di affrontare il futuro.
La verità è che non possiamo crescere fino a quando non affrontiamo i blocchi emotivi, perché agiscono come delle barriere che ci limitano emotivamente e cognitivamente.
Come possiamo superare questo blocco emotivo?
- Parlare con qualcuno di caro, un amico o un parente; - Affrontare le paure, non chiudendosi in sé stessi;
- Fare attività stimolanti, tenendo la mente impegnata;
- Realizzare i propri obiettivi, iniziando da piccole cose su cui trarre soddisfazione personale. Dopo di ciò, aumentare il livello per poter stimolare maggiormente noi stessi ed aumentare cosi il nostro grado di soddisfazione. In questo modo gratificheremo il nostro ego e riusciremo a superare più facilmente il nostro blocco emotivo.
È molto meglio svuotare la mente, liberarla da tutto ciò che le impedisce di respirare.
La nostra mente anziché essere riempita va svuotata, per renderla limpida, affinché rifletta la realtà.
“La mente è come una valigia che andrebbe svuotata di tutti quei pensieri inutili che la appesantiscono soltanto.” (Emanuela Breda)
Ilenia Cicatello
La classe della solidarietà [DOWNLOAD DISPENSE APPUNTI RIASSUNTI GRATIS DI ECONOMIA]
A ognuno di loro è stato impartito un compito, che può andare dal procurare il cuscino, ad avvisare il bidello, al chiamare un insegnate di un’altra aula nel caso ci sia la necessità. C’è anche chi ha il compito di prendere un farmaco posto con cura in un determinato cassetto. Ognuno è importante, ognuno si sente così. Infatti, ognuno lo è. In un mondo dove regna il menefreghismo e l’apatia, in questa classe si insegna la vita. Un foglio di istruzioni tutto a colori. Con nomi e compiti per ricordare a tutti, costantemente, il proprio importante ruolo in quella famiglia. Per caso i genitori hanno scoperto questo. Per caso forse durante uno dei colloqui. Magari c’è stato un giorno in cui i bambini stessi hanno riferito la cosa a casa. Magari, fino ad oggi, nessuno aveva compreso l’importanza di quei gesti. È una catena fatta di anelli saldi tra di loro. In cui la forza di quella catena, è la solidarietà. Ci saranno le ore di aritmetica, di italiano, certo. Ci sarà musica, ci sarà la grammatica. Poi c’è un foglio con una bella storia da raccontare e si spera, da condividere. In ogni classe c’è qualcuno che resta indietro, vuoi per salute, vuoi per altro. Lo scoprirsi parte di una famiglia unita, può essere davvero la base per quello che ormai viene definito “un mondo migliore”. Si spera sempre ogni giorno che non ci sia mai bisogno di nessuno. Però, all’occorrenza, quel “nessuno” sarà tutto ciò che servirà. Abbiamo bisogno di maestri così per i nostri figli. Abbiamo bisogno da genitori di imparare a essere quella maestra, perché dove finisce la scuola, prosegua nelle nostre case quel mondo. Ora bambini, tra qualche anno, nemmeno troppi, saranno uomini. Si ricorderanno del loro nome su quel foglio. Si ricorderanno di quel compagno di classe. Si ricorderanno di loro stessi, sempre pronti a dare una mano.
Franco Quadalti
Beatrice [DOWNLOAD DISPENSE APPUNTI RIASSUNTI GRATIS DI ECONOMIA]
Sono stato fino a 114 kg. Mi guardavo allo specchio e non riuscivo a vedere null’altro che quello che vedevano gli altri. Un ragazzo obeso. Non riuscivo mai a vedermi con i miei occhi. Era troppo difficile usare i miei. Usavo quelli degli altri perché credevo fossero più obiettivi. Dicevano obeso. Dicevano schifo. Ridevano. Allora io non ridevo mai. Sono Beatrice con tanta fortuna in più. A volte quella fa la differenza. E non sta quasi mai in sé stessi. Troppo facile dare la colpa o il merito a sé stessi. “Io sono stato bravo, sono stato meglio”. Stronzate. “Gli altri” fanno la differenza. Perché “gli altri” sono tanti. Sono molto di più di te stesso. Conti per uno e basta. Allora speriamo di avere tanti “altri” vicino e non lontano. Accanto. Perché poi sono diventato meno per la bilancia ma pur sempre me stesso. Solo che ora comprendo Beatrice. E io quando come Selvaggia Lucarelli, metto su 10 kg in più penso a quelli che mi sono accanto e quando mi guardo allo specchio mi riconosco meglio. Mi guardo con gli occhi miei. Perché spesso quelli degli “altri” fanno male e sono bugiardi.
Quando ne esci alla fine, passi inosservato. La gente si aspetta il crollo, vuole assistere a quello in fondo. Le belle notizie non fanno mai spettacolo. Non c’è una lezione da imparare quando alla fine le cose vanno bene. In vece dagli errori degli altri, si. Chi si toglie la vita fa un errore, dice la gente. Ha mollato. Non si accorge però che la spinta sotto al treno, è anche opera di tutti. Avanti gli ipocriti magri, forza, sedetevi in prima fila. Su il dito. Che nessuno resti indietro. Tu sei grassa, la colpa è tua. Bella roba, bello schifo. Il giudizio intendo. La faccia da culo con la quale si commenta una tragedia, come prima si commentava un disagio. Facile per chi non c’è dentro, facile per chi non lo sa cosa voglia dire la lotta con ilo cibo. Che uno poi si sa, lotta con il cibo per non lottare con le persone. Con quelle non ci si ragiona, il cibo è inerme, si lascia plasmare, mangiare. Le persone cattive invece non si piegano, restano rigide nel loro pensare, nel loro giudicare. Allora perché spendere parole con loro, ci si siede a tavola e si riempie il vuoto fatto di incomprensioni, silenzi, grida, sguardi, critiche e tanto, troppo altro. Non aspettatevi scuse. Dopo aver letto le notizie di cronaca nera, tutti se ne tronano sulla loro strada, ognuno pensa ai fatti propri fino al prossimo giudizio. Hanno bisogno loro di persone in difficoltà per sparare contro il loro arsenale. Poi, la fuga. Non è semplice salire sulla bilancia e dire basta. Non è semplice salire sulla bilancia e dire, va bene così. Non è semplice guardarsi allo specchio. Avvicinarsi talmente tanto da vedere solo il viso, non è una malizia semplice da mettere in atto. Ci vuole tempo. Tanto. Talmente tanto che poi si fa tardi. Posso davvero comprendere come a volte si cerchi di scappare via da tutto. Quindi non giudico. Davanti a quel treno Beatrice c’è arrivata da sola, è vero. Ma la spinta è di tutti.
Franco Quadalti
domenica 8 aprile 2018
IBS Offerte SPECIALI Libri - SerieTV - Musica
Iscriviti a:
Post (Atom)