domenica 18 marzo 2018

Il pretesto della pazzia [DOWNLOAD DISPENSE APPUNTI RIASSUNTI GRATIS DI ECONOMIA]


Finchè la donna non ha iniziato a poter esprimere sé stessa liberamente, è sempre stata considerata poco. Quasi un oggetto. Come tale, l’uomo si sentiva in diritto di metterla a tacere o vietarne la libertà anche solo con subdoli comportamenti. Niente voto, niente opinioni da poter esprimere. Una voce che trovava spazio solo dentro le mura di casa, libera poi solo in assenza del “padrone”. Poi le cose sono cambiate, ma per un tempo infinitamente lungo, sono rimaste nell’ombra. Le donne e i propri diritti. Le donne e la propria libertà. C’era anche di peggio del silenzio obbligato. C’erano violenze piscologiche, fisiche. Per tante c’è stato anche il manicomio. Annacarla Valeriano, che ha passato in esame le cartelle cliniche delle ricoverate nel manicomio Sant’Antonio Abate di Teramo, a partire dall’ultimo decennio dell’Ottocento fino al 1950.
Ha studiato Storia contemporanea all’Università di Teramo. Lavora presso l’Archivio della memoria abruzzese della Fondazione Università di Teramo. Con Donzelli ha pubblicato Ammalò di testa. Storie dal manicomio di Teramo. È andata a scavare dietro le mura di luoghi molto bui, dove la verità veniva seppellita con le sue donne. A volte era la guerra a trascinare la donna nello sconforto. La partenza del proprio uomo per il fronte, la paura, la fame, i figli. A volte era una sessualità pronunciata, fuori da quelle rigide regole di una società retrograda e maschilista. Sessista. A volte era un carattere forte, non disposto a piegarsi alla volontà di un uomo padrone, violento nelle mani e nella testa. A volte era frutto di un piano per togliere libertà senza un perché. Una prigione dalla quale non c’era ritorno. Una prigione dove diventavi colpevole anche se non lo eri stato entrandoci. Una pena detentiva forzata, ingiusta, ben lontana da quel requisito onesto e cautelativo, anche protettivo nei confronti di chi davvero non poteva farcela da solo. Poi si potrebbe anche aprire un capitolo immenso sul valore di questo modo di proteggere. Insomma, una prigione di massima sicurezza per chi non doveva esserci, per chi non doveva parlare, mostrarsi, pensare. Guardo alcune foto del libro di Annacarla Valeriano e leggo negli occhi di alcune donne la sconfitta. L’abbandono. Ma una luce che dice “questo non è il mio posto”. Donne che hanno perso una battaglia più grande di loro. Una guerra vinta molti anni dopo, non andrà mai a restituire ciò che è stato ingiustamente tolto. Oggi le donne si sono riappropriate di tutto. Anche del potere di restituire il male fatto. Anche il potere di farlo, gratuitamente. Nell’essere state riportate al giusto stato di parità, hanno attinto da questa parità tutto. Ora davvero non c’è differenza tra uomo e donna. Ma è passato ancora troppo poco tempo da quando si chiudevano le porte di una stanza silenziosa ed eterna, per dimenticare il male che l’uomo ha fatto alla donna. Non c’è modo di recuperare. C’è solo da ricordare.
Franco Quadalti

https://drive.google.com/file/d/1ML81TeB2xZqFFcPkABCkevF1YdywBVIp/view?usp=sharing

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