lunedì 31 luglio 2017
Femminicidio [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
FEMMINICIDIO
“L’ho uccisa perché non ha lavato i piatti!”
La parola “femminicidio” suona male, ma serve. Serve per definire il delitto perpetrato contro una donna perché è donna!
Il termine stesso, “femminicidio”, si usa quando in un crimine il genere femminile della vittima è una causa essenziale, un movente del crimine, che nella maggior parte dei casi avviene all’interno di legami familiari.
“Tutto doveva essere fatto come decidevo io.”
Come ricorda l’esperta e avvocato Barbara Spinelli, consulente dell’ONU in materia di violenza sulle donne (autrice del libro "Femminicidio, dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale"), questa parola non se la sono inventata i giornali. Negli anni ’90 una antropologa messicana di nome MarcelaLagarde ha analizzato le violenze perpetuate sulle donne messicane individuando le cause della loro marginalizzazione in una cultura machista (Chi sostiene o pratica il machismo, facendo sciocca esibizione di virilità) e in una società che non dà tutele dal punto di vista giuridico, con indagini lasciate pendere e con lo stupro coniugale non considerato come reato. Lagarde è la teorica del termine femminicidio. In esso, oltre all’omicidio, racchiude anche tutte le discriminazioni e pressioni psicologiche di cui una donna può essere vittima. Lo definisce così: “La forma estrema di violenza di genere contro le donne – scrive Lagarde – prodotto della violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine che comportano l’impunità tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna in una posizione indifesa e di rischio, possono culminare con l’uccisione o il tentativo di uccisione della donna stessa”.
Di genere si muore!
Dobbiamo essere noi DONNE, ad aiutarci, denunciando sin da subito qualunque azione fatta contro di noi dai nostri “presunti uomini” che dicono di amare, ma che dal momento in cui scatta la “prima mossa”, porteranno la nostra vita a stare sul filo di un rasoio e ci porteranno alla “morte”.
Gli autori di femminicidi nella maggior parte dei casi hanno una fascia di età compresa tra i 31 e i 40 anni, seguita da quella che comprende un'età tra i 41 e i 50.
Le vittime invece sono più giovani: a morire per mano dei propri compagni sono per lo più ragazze tra i 18 e i 30 anni.
E' da evidenziare come sia in crescita il fenomeno del femminicidio a scapito delle più anziane; aumentano infatti gli omicidi verso donne di età compresa tra i 71 e gli 80 anni.
Il rapporto che lega la vittima e il suo carnefice è, in molti casi, di natura sentimentale, con una relazione in atto al momento dell'omicidio o pregressa.
Analizzando il “modus operandi” degli omicidi, emerge un quadro brutale e primitivo. Secondo le analisi condotte da Istat in collaborazione con il Ministero della Giustizia, si tratta di colluttazioni corpo a corpo dove l'assassino sfoga una rabbia inaudita. L'arma più utilizzata è il coltello e in più del 40 per cento dei casi le donne vengono colpite ripetutamente, quasi mai con solo due o tre colpi mortali. Nel 15,5 per cento dei casi la donna viene uccisa con oggetti di uso comune: martelli, accette, picconi, rastrelli e impiegati brutalmente fino a renderla esanime.
Più tortuosa è la ricostruzione del movente: quasi sempre la causa è legata a gelosia e possessione nei confronti della vittima. Spesso, alla base dei dissidi ci sono motivi economici.
In alcuni episodi l'uomo uccide la donna perché preferisce la sua morte al mantenimento della relazione o per timore dell'eventuale scoperta di adulterio.
“Ho sempre pensato di essere nel giusto quando picchiavo e umiliavo tutti, io sono un violento. A 11 anni per una punizione spinsi mia madre contro una poltrona, rompendole una costola. Quando mi sposai, andò peggio. È una donna e le donne hanno paura!”
A ottobre 2013 il Senato ha approvato il decreto legge contro il femminicidio. La normativa rientra nel quadro delineato dalla Convenzione di Istanbul, primo strumento internazionale giuridicamente vincolante sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica. L'elemento di novità è il riconoscimento della violenza sulle donne come forma di violazione dei diritti umani e di discriminazione.
La legge approvata, che rientra nel quadro della convenzione di Istanbul, si basa soprattutto sull’inasprimento delle pene e delle misure cautelari. È stato introdotto l’arresto in flagranza obbligatorio per i reati di maltrattamenti in famiglia e stalking. La polizia giudiziaria potrà disporre l’allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
Gli aggressori allontanati dall'abitazione familiare potranno essere controllati attraverso un braccialetto elettronico e in caso di stalking potranno essere disposte intercettazioni telefoniche.
Il nuovo testo prevede l’inasprimento delle pene quando la violenza è commessa contro una persona con cui si ha una relazione, e non soltanto se si convive o si ha un vincolo (recesso o meno) di matrimonio. Le aggravanti sono previste anche quando i maltrattamenti avvengono in presenza di minori e contro le donne incinte.
Denunciamo!
Femminicidio [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
FEMMINICIDIO
“L’ho uccisa perché non ha lavato i piatti!”
La parola “femminicidio” suona male, ma serve. Serve per definire il delitto perpetrato contro una donna perché è donna!
Il termine stesso, “femminicidio”, si usa quando in un crimine il genere femminile della vittima è una causa essenziale, un movente del crimine, che nella maggior parte dei casi avviene all’interno di legami familiari.
“Tutto doveva essere fatto come decidevo io.”
Come ricorda l’esperta e avvocato Barbara Spinelli, consulente dell’ONU in materia di violenza sulle donne (autrice del libro "Femminicidio, dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale"), questa parola non se la sono inventata i giornali. Negli anni ’90 una antropologa messicana di nome MarcelaLagarde ha analizzato le violenze perpetuate sulle donne messicane individuando le cause della loro marginalizzazione in una cultura machista (Chi sostiene o pratica il machismo, facendo sciocca esibizione di virilità) e in una società che non dà tutele dal punto di vista giuridico, con indagini lasciate pendere e con lo stupro coniugale non considerato come reato. Lagarde è la teorica del termine femminicidio. In esso, oltre all’omicidio, racchiude anche tutte le discriminazioni e pressioni psicologiche di cui una donna può essere vittima. Lo definisce così: “La forma estrema di violenza di genere contro le donne – scrive Lagarde – prodotto della violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine che comportano l’impunità tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna in una posizione indifesa e di rischio, possono culminare con l’uccisione o il tentativo di uccisione della donna stessa”.
Di genere si muore!
Dobbiamo essere noi DONNE, ad aiutarci, denunciando sin da subito qualunque azione fatta contro di noi dai nostri “presunti uomini” che dicono di amare, ma che dal momento in cui scatta la “prima mossa”, porteranno la nostra vita a stare sul filo di un rasoio e ci porteranno alla “morte”.
Gli autori di femminicidi nella maggior parte dei casi hanno una fascia di età compresa tra i 31 e i 40 anni, seguita da quella che comprende un'età tra i 41 e i 50.
Le vittime invece sono più giovani: a morire per mano dei propri compagni sono per lo più ragazze tra i 18 e i 30 anni.
E' da evidenziare come sia in crescita il fenomeno del femminicidio a scapito delle più anziane; aumentano infatti gli omicidi verso donne di età compresa tra i 71 e gli 80 anni.
Il rapporto che lega la vittima e il suo carnefice è, in molti casi, di natura sentimentale, con una relazione in atto al momento dell'omicidio o pregressa.
Analizzando il “modus operandi” degli omicidi, emerge un quadro brutale e primitivo. Secondo le analisi condotte da Istat in collaborazione con il Ministero della Giustizia, si tratta di colluttazioni corpo a corpo dove l'assassino sfoga una rabbia inaudita. L'arma più utilizzata è il coltello e in più del 40 per cento dei casi le donne vengono colpite ripetutamente, quasi mai con solo due o tre colpi mortali. Nel 15,5 per cento dei casi la donna viene uccisa con oggetti di uso comune: martelli, accette, picconi, rastrelli e impiegati brutalmente fino a renderla esanime.
Più tortuosa è la ricostruzione del movente: quasi sempre la causa è legata a gelosia e possessione nei confronti della vittima. Spesso, alla base dei dissidi ci sono motivi economici.
In alcuni episodi l'uomo uccide la donna perché preferisce la sua morte al mantenimento della relazione o per timore dell'eventuale scoperta di adulterio.
“Ho sempre pensato di essere nel giusto quando picchiavo e umiliavo tutti, io sono un violento. A 11 anni per una punizione spinsi mia madre contro una poltrona, rompendole una costola. Quando mi sposai, andò peggio. È una donna e le donne hanno paura!”
A ottobre 2013 il Senato ha approvato il decreto legge contro il femminicidio. La normativa rientra nel quadro delineato dalla Convenzione di Istanbul, primo strumento internazionale giuridicamente vincolante sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica. L'elemento di novità è il riconoscimento della violenza sulle donne come forma di violazione dei diritti umani e di discriminazione.
La legge approvata, che rientra nel quadro della convenzione di Istanbul, si basa soprattutto sull’inasprimento delle pene e delle misure cautelari. È stato introdotto l’arresto in flagranza obbligatorio per i reati di maltrattamenti in famiglia e stalking. La polizia giudiziaria potrà disporre l’allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
Gli aggressori allontanati dall'abitazione familiare potranno essere controllati attraverso un braccialetto elettronico e in caso di stalking potranno essere disposte intercettazioni telefoniche.
Il nuovo testo prevede l’inasprimento delle pene quando la violenza è commessa contro una persona con cui si ha una relazione, e non soltanto se si convive o si ha un vincolo (recesso o meno) di matrimonio. Le aggravanti sono previste anche quando i maltrattamenti avvengono in presenza di minori e contro le donne incinte.
Denunciamo!
giovedì 27 luglio 2017
Charlie Gard [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
Charlie
Forse non si muore solo una volta. Fisicamente certo, ma quante volte si può morire, se lasciamo perdere la carne?
Charlie Gard è nato il 4 agosto 2016, e a otto settimane è risultato affetto da una malattia rarissima, la sindrome da deplezione del DNA mitocondriale che colpisce diversi geni causando un progressivo deperimento muscolare
Charlie Gard non parla, non lo farà mai. Ma conosce la risposta a questa domanda.
Affetto da una malattia ultrarara, situazione drammatica. Spinto a vivere, a resistere. Poi a morire per mano di un tribunale. Quando c’è di mezzo la salute, la vita di un figlio, non esiste la legge, nessuno può dire a un genitore cosa non si deve fare. Tra un permesso di poter far partire una sperimentazione all’estero, una valutazione medica negativa, una legge, si può anche morire aspettando. A volte crollano anche i tribunali di fronte alla vita. E allora capita che si lascia aperta una porta per rischiare una terapia. Si muore ancora quando però ci si guarda in viso e ci si dice, ci si convince che forse, e solo forse, non c’è più nulla da fare.
Charlie, 11 mesi, aspetta. Sopravvive, muore pur respirando ancora. Assieme ai genitori trascorre quelle che sono le ultime ore.
Lo fa in un ospedale però, un luogo che conosce fin troppo bene. Cos’è una casa quando non ci puoi tornare?
Resiste perché c’è una richiesta di poterlo portare dove è nato. Ma ancora una volta, un tribunale dice no.
La stampa ha già detto addio a Charlie più di una volta, i medici, la scienza, ha detto che non serve più aspettare.
I genitori vogliono il figlio in una culla, a casa, fargli un bagno e salutarlo ma la bellezza di un pensiero purtroppo si scontra sempre con la cruda realtà, con la praticità. Non si può pensare di staccare le macchine che tengono in vita il piccolo Charlie per poterlo mandare a casa un’ultima volta. Si dovrebbero portare i macchinari a casa. Non è fattibile. Si muore ancora.
Quando servirebbe un addio, ci si mettono carte da firmare, permessi, muri troppo alti da scalare, troppo lunghi per poter avere il tempo di aggirarli.
Si è parlato di Biotestamento. Si è parlato in Italia della possibilità di decidere della propria vita ma ci sono troppi problemi da risolvere, Charlie non è in Italia, non è italiano, e la legge ancora non esiste.
Allora non bastano le lacrime di un padre e una madre, non serve la coscienza, nulla può contro una legge.
Charlie attende ancora. Vivo.
Attende di morire di nuovo, sperando di essere l’ultima.
L'unica cosa che a Charlie non è servita è l'essere andati in tribunale. Non ne aveva bisogno.
Ogni volta che ci si arrende si muore. Ogni volta che si muore dentro, può non essere l’ultima, e quando succede a un bambino nato il 4 agosto del 2016, è più difficile da accettare. Per tutti.
Non serve descrivere un iter giudiziario lungo e complesso. Non serve cercare di capire se c’era un “se si fosse fatto qualcosa prima”.
Il 24 luglio 2017 i genitori annunciano in tribunale che rinunciano alla richiesta di un trasferimento negli Stati Uniti per cercare una cura. "Il tempo per una cura è scaduto". Si chiude così la battaglia legale. Si chiudono tante cose.
Si aprono voragini. Mancanze.
Si può morire tante volte, prima che sia per sempre.
Franco Quadalti
Charlie Gard [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
Charlie
Forse non si muore solo una volta. Fisicamente certo, ma quante volte si può morire, se lasciamo perdere la carne?
Charlie Gard è nato il 4 agosto 2016, e a otto settimane è risultato affetto da una malattia rarissima, la sindrome da deplezione del DNA mitocondriale che colpisce diversi geni causando un progressivo deperimento muscolare
Charlie Gard non parla, non lo farà mai. Ma conosce la risposta a questa domanda.
Affetto da una malattia ultrarara, situazione drammatica. Spinto a vivere, a resistere. Poi a morire per mano di un tribunale. Quando c’è di mezzo la salute, la vita di un figlio, non esiste la legge, nessuno può dire a un genitore cosa non si deve fare. Tra un permesso di poter far partire una sperimentazione all’estero, una valutazione medica negativa, una legge, si può anche morire aspettando. A volte crollano anche i tribunali di fronte alla vita. E allora capita che si lascia aperta una porta per rischiare una terapia. Si muore ancora quando però ci si guarda in viso e ci si dice, ci si convince che forse, e solo forse, non c’è più nulla da fare.
Charlie, 11 mesi, aspetta. Sopravvive, muore pur respirando ancora. Assieme ai genitori trascorre quelle che sono le ultime ore.
Lo fa in un ospedale però, un luogo che conosce fin troppo bene. Cos’è una casa quando non ci puoi tornare?
Resiste perché c’è una richiesta di poterlo portare dove è nato. Ma ancora una volta, un tribunale dice no.
La stampa ha già detto addio a Charlie più di una volta, i medici, la scienza, ha detto che non serve più aspettare.
I genitori vogliono il figlio in una culla, a casa, fargli un bagno e salutarlo ma la bellezza di un pensiero purtroppo si scontra sempre con la cruda realtà, con la praticità. Non si può pensare di staccare le macchine che tengono in vita il piccolo Charlie per poterlo mandare a casa un’ultima volta. Si dovrebbero portare i macchinari a casa. Non è fattibile. Si muore ancora.
Quando servirebbe un addio, ci si mettono carte da firmare, permessi, muri troppo alti da scalare, troppo lunghi per poter avere il tempo di aggirarli.
Si è parlato di Biotestamento. Si è parlato in Italia della possibilità di decidere della propria vita ma ci sono troppi problemi da risolvere, Charlie non è in Italia, non è italiano, e la legge ancora non esiste.
Allora non bastano le lacrime di un padre e una madre, non serve la coscienza, nulla può contro una legge.
Charlie attende ancora. Vivo.
Attende di morire di nuovo, sperando di essere l’ultima.
L'unica cosa che a Charlie non è servita è l'essere andati in tribunale. Non ne aveva bisogno.
Ogni volta che ci si arrende si muore. Ogni volta che si muore dentro, può non essere l’ultima, e quando succede a un bambino nato il 4 agosto del 2016, è più difficile da accettare. Per tutti.
Non serve descrivere un iter giudiziario lungo e complesso. Non serve cercare di capire se c’era un “se si fosse fatto qualcosa prima”.
Il 24 luglio 2017 i genitori annunciano in tribunale che rinunciano alla richiesta di un trasferimento negli Stati Uniti per cercare una cura. "Il tempo per una cura è scaduto". Si chiude così la battaglia legale. Si chiudono tante cose.
Si aprono voragini. Mancanze.
Si può morire tante volte, prima che sia per sempre.
Franco Quadalti
Biotestamento, diritto alla dignità. [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
Biotestamento, diritto alla dignità.
Viene da piangere pensando a qualcuno, che nel pieno delle proprie facoltà, decide di farla finita, di togliersi la vita, come a terminare quello che ha definito calvario. Uno o cento, mille motivi ci sono dietro a una scelta come questa, e non è diritto di nessuno, giudicarla. Io non lo farei. Scrivi una lettera in cui ti scusi, ringrazi, chiedi di capire. Accetti la fine. Uno sguardo che non ti veda nessuno poi via, ti lanci nel vuoto, ti spari, ti impicchi, te ne vai.
Scegli insomma, anche se agli altri, è dato obbligo di saperti fermare in qualche modo. Ma a te della legge in quel momento non frega nulla. Frega solo di te, perché al di là tutte le parole del mondo, nessuno potrà mai capirti fino in fondo.
Sei libero di farlo. E lo fai.
Non è così per tutti, purtroppo. Forse alla fine delle mie righe avrò un motivo in più per stare dalla parte della libertà di scelta, a qualsiasi costo. Non ci sono più gambe a reggere quella scelta, non ci sono a volte nemmeno più braccia, occhi. Solo pensieri. A volte rimane solo la mente a combattere un mostro che ha ormai vinto. Il suo nome non è importante. Può essere una qualsiasi malattia degenerativa, un incidente.
Ciò che conta è che non ci si può mettere in piedi e dire basta. Quel “basta” che ha come nome l’eutanasia, quando anche la mente ti abbandona. O meglio, quando la capacità di relazionarsi con il mondo esterno, ti abbandona.
Perché a volte la vita fa così. Ti chiude in una scatola insonorizzata. Tu sei vivo, ma sei lì dentro, in uno spazio irraggiungibile. Tutti fuori a piangere un dolore che solo tu puoi sentire.
Scelgono gli altri per te. Parenti, medici, specialisti. Tutti tranne uno.
In questi giorni, qualcosa sembrava stesse cambiando.
Qualcuno era riuscito a scappare, piegando in due l’opinione pubblica. Aprendo gli occhi e forse un po’ anche il cuore.
L'annuncio dalla Svizzera: "Alle 11,40 se ne è andato con le regole di un Paese che non è il suo”.
Dj Fabo aveva scelto una casa diversa dalla sua per addormentarsi per sempre, era stato costretto a fuggire.
Ha morso un pulsante per attivare l'immissione del farmaco letale: era molto in ansia perché temeva, non vedendo il pulsante essendo cieco, di non riuscirci. Ha anche scherzato, dicendo che sarebbe rientrato in Italia per autodenunciarsi. Poi è partito.
Si è parlato molto di Biotestamento, se ne sta parlando. Qualcosa si sta facendo, a rilento, come sempre.
In questi giorni era previsto l'inizio della discussione in aula ma in commissione Sanità troppe richieste di modifiche e tanti interventi. Se ne riparlerà a settembre.
Una parola strana, Biotestamento. Si riassume in un’altra parola soltanto. Libertà. Libertà di scelta. Scegliere di dire basta alla sofferenza, basta all’accanimento terapeutico, basta alla vita. Una semplice ma chiara e determinata pianificazione sulla propria morte. Dall’interruzione del cibo, dell’acqua, delle terapie, lasciando aperta la strada ai medici di poter obiettare, spostando questa “responsabilità” a qualcun altro dentro la struttura ospedaliera. Quindi ancora nulla, se parla soltanto.
Con 326 voti a favore, 37 contrari e 4 astenuti la Camera ha approvato la proposta di legge sulle disposizioni anticipate di trattamento. Numeri. Numeri per ora senza una legge. Scuse per ora. La paura di confondere l’accanimento terapeutico e l’eutanasia è troppo grande per avvallare a cuor leggero questa legge.
Numeri, persone.
“Ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di futura incapacità di autodeterminarsi, e dopo aver acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte, può, attraverso disposizioni anticipate di trattamento (Dat), esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, compresi il consenso o il rifiuto a idratazione e nutrizione artificiali”.
Troppe parole quando è “basta”, l’unica via di fuga.
Mi piace pensare alla fine, che si possa arrivare ad una legge solida. Veloce, che non lasci spazio all’interpretazione, ma che sia davvero una porta dalla quale uscire, in casa propria, da un corpo che non sa più parlare.
Franco Quadalti
Biotestamento, diritto alla dignità. [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
Biotestamento, diritto alla dignità.
Viene da piangere pensando a qualcuno, che nel pieno delle proprie facoltà, decide di farla finita, di togliersi la vita, come a terminare quello che ha definito calvario. Uno o cento, mille motivi ci sono dietro a una scelta come questa, e non è diritto di nessuno, giudicarla. Io non lo farei. Scrivi una lettera in cui ti scusi, ringrazi, chiedi di capire. Accetti la fine. Uno sguardo che non ti veda nessuno poi via, ti lanci nel vuoto, ti spari, ti impicchi, te ne vai.
Scegli insomma, anche se agli altri, è dato obbligo di saperti fermare in qualche modo. Ma a te della legge in quel momento non frega nulla. Frega solo di te, perché al di là tutte le parole del mondo, nessuno potrà mai capirti fino in fondo.
Sei libero di farlo. E lo fai.
Non è così per tutti, purtroppo. Forse alla fine delle mie righe avrò un motivo in più per stare dalla parte della libertà di scelta, a qualsiasi costo. Non ci sono più gambe a reggere quella scelta, non ci sono a volte nemmeno più braccia, occhi. Solo pensieri. A volte rimane solo la mente a combattere un mostro che ha ormai vinto. Il suo nome non è importante. Può essere una qualsiasi malattia degenerativa, un incidente.
Ciò che conta è che non ci si può mettere in piedi e dire basta. Quel “basta” che ha come nome l’eutanasia, quando anche la mente ti abbandona. O meglio, quando la capacità di relazionarsi con il mondo esterno, ti abbandona.
Perché a volte la vita fa così. Ti chiude in una scatola insonorizzata. Tu sei vivo, ma sei lì dentro, in uno spazio irraggiungibile. Tutti fuori a piangere un dolore che solo tu puoi sentire.
Scelgono gli altri per te. Parenti, medici, specialisti. Tutti tranne uno.
In questi giorni, qualcosa sembrava stesse cambiando.
Qualcuno era riuscito a scappare, piegando in due l’opinione pubblica. Aprendo gli occhi e forse un po’ anche il cuore.
L'annuncio dalla Svizzera: "Alle 11,40 se ne è andato con le regole di un Paese che non è il suo”.
Dj Fabo aveva scelto una casa diversa dalla sua per addormentarsi per sempre, era stato costretto a fuggire.
Ha morso un pulsante per attivare l'immissione del farmaco letale: era molto in ansia perché temeva, non vedendo il pulsante essendo cieco, di non riuscirci. Ha anche scherzato, dicendo che sarebbe rientrato in Italia per autodenunciarsi. Poi è partito.
Si è parlato molto di Biotestamento, se ne sta parlando. Qualcosa si sta facendo, a rilento, come sempre.
In questi giorni era previsto l'inizio della discussione in aula ma in commissione Sanità troppe richieste di modifiche e tanti interventi. Se ne riparlerà a settembre.
Una parola strana, Biotestamento. Si riassume in un’altra parola soltanto. Libertà. Libertà di scelta. Scegliere di dire basta alla sofferenza, basta all’accanimento terapeutico, basta alla vita. Una semplice ma chiara e determinata pianificazione sulla propria morte. Dall’interruzione del cibo, dell’acqua, delle terapie, lasciando aperta la strada ai medici di poter obiettare, spostando questa “responsabilità” a qualcun altro dentro la struttura ospedaliera. Quindi ancora nulla, se parla soltanto.
Con 326 voti a favore, 37 contrari e 4 astenuti la Camera ha approvato la proposta di legge sulle disposizioni anticipate di trattamento. Numeri. Numeri per ora senza una legge. Scuse per ora. La paura di confondere l’accanimento terapeutico e l’eutanasia è troppo grande per avvallare a cuor leggero questa legge.
Numeri, persone.
“Ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di futura incapacità di autodeterminarsi, e dopo aver acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte, può, attraverso disposizioni anticipate di trattamento (Dat), esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, compresi il consenso o il rifiuto a idratazione e nutrizione artificiali”.
Troppe parole quando è “basta”, l’unica via di fuga.
Mi piace pensare alla fine, che si possa arrivare ad una legge solida. Veloce, che non lasci spazio all’interpretazione, ma che sia davvero una porta dalla quale uscire, in casa propria, da un corpo che non sa più parlare.
Franco Quadalti
mercoledì 26 luglio 2017
Contratto di assicurazione [2/4] [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS DI ECONOMIA]
Il Codice delle Assicurazioni
L'attuale legislazione italiana in tema di diritto assicurativo è stata oggetto di riforma nel corso del 2005, sfociando nel decreto legislativo n. 209 che in buona parte ha aggiornato tutte le precedenti leggi in materia.
Si tratta del Codice delle assicurazioni private, decreto legislativo del 9 settembre 2005, aggiornato con altri due decreti, nel novembre 2007 e nel giugno 2008 ed in ultimo nel 2015.
La nuova disciplina d' impresa dettata nel codice delle assicurazioni costituisce un evidente avvicinamento dell’ordinamento del settore assicurativo a quello del settore bancario.
SCARICA GRATUITAMENTE LA DISPENSA COMPLETA!
martedì 25 luglio 2017
Ius soli, le leggi non sono uno slogan [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
Parliamo di legge di cittadinanza:
con una “civilissima” protesta contornata da risse in aula e tra le strade di Roma, come un vaso di Pandora, rispolverato dopo essere stato approvato dalla Camera nel 2015, il disegno di legge sullo ius soli, la nuova legge sulla cittadinanza, è arrivato al Senato. Eclatanti le proteste da parte della Lega Nord e l'astensione del Movimento 5 Stelle. Si tratta di un provvedimento che amplia i criteri per ottenere la cittadinanza italiana e riguarda soprattutto minori nati in Italia da genitori stranieri o arrivati in Italia da bambini. Il testo è sostenuto dal Partito democratico e osteggiato dalle principali forze di opposizione.
Ma vediamo più da vicino di che si tratta e quali sono le modifiche introdotte.
L'attuale regolamentazione fa riferimento alla legge 91 del 1992, secondo cui esiste un'unica modalità di acquisizione della cittadinanza ovvero lo iussanguinis (diritto di sangue): un bambino è italiano se almeno uno dei genitori è italiano; ovvero chi è nato in Italia da genitori stranieri può diventare cittadino italiano al compimento dei 18 anni, a patto che abbia mantenuto costantemente dalla nascita la residenza nel nostro Paese.
Sono solo due i casi eccezionali di ius soli in Italia: lo “ius soli temperato” e lo “iusculturae”.
Si parla di ius soli (diritto di suolo), in realtà si tratterebbe di uno "ius soli temperato" poiché solo negli Stati Uniti chi nasce in un certo stato ne ottiene di diritto la cittadinanza.
Perché i neonati con questa legge diventino cittadini italiani, è necessario che almeno uno dei genitori sia titolare di un diritto di soggiorno illimitato, che è uno status difficilissimo da raggiungere, (basti pensare che larga parte degli italiani stessi, non passerebbero i test necessari a ottenerlo);bisogna: che almeno uno dei genitori abbia un permesso di soggiorno Ue di lungo periodo e risulti residente legalmente in Italia da almeno 5 anni, (Il principio dello ius soli non si applicherà, però, ai cittadini europei, visto che il permesso di lungo periodo è previsto solo per gli Stati extra Ue), avere un precedente permesso di soggiorno ordinario valido (quindi non puoi essere clandestino), devi poter dimostrare un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale (quindi devi avere un contratto di lavoro regolare), ed infine superare un test di lingua italiana, che, considerando la quantità di “pultroppo” che si leggono in giro, non è così scontato. Pertanto un genitore che presenta tutti questi requisiti, è considerato integrato nella società italiana, ed il figlio potrà essere, (come vedremo a breve) “forse”, un cittadino italiano. Il fondamento alla base della legge risulta sensato, perché immediatamente legato al fatto che molto probabilmente quel bambino, che crescerà in Italia con una famiglia integrata, sarà effettivamente un ragazzo non extracomunitario, ma siciliano, pugliese, toscano,
lombardo, o, nella sfortuna, marchigiano, condannato quindi a confrontarsi con una serie di persone che fingeranno di sapere dove si trovino le marche…mentendo!
Un altro modo di ottenere la cittadinanza per i minori stranieri è lo“iusculturae” (diritto di conoscenza): Potranno ottenere la cittadinanza anche i minori stranieri nati in Italia, o entrati entro il 12esimo anno, che abbiano “frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti scolastici del sistema nazionale, o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali”. La frequenza del corso di istruzione primaria deve essere coronata dalla promozione. I ragazzi arrivati in Italia tra i 12 e i 18 anni, poi, potranno avere la cittadinanza dopo aver risieduto legalmente in Italia per almeno sei anni e aver frequentato “un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo.
In entrambi i casi, per ottenere la cittadinanza italiana servirà la dichiarazione di volontà del genitore del minore o del suo tutore: dovrà essere consegnata all’ufficiale dello stato civile del Comune di residenza entro il 18esimo anno. In assenza di questa dichiarazione, potrà essere il diretto interessato a richiederla, entro il suo 20esimo compleanno. Le nuove norme valgono anche per gli stranieri in possesso dei nuovi requisiti ma che abbiano superato, all’approvazione della legge, il limite di età dei 20 anni per farne richiesta: un’eccezione per salvaguardare i diritti di chi è già arrivato da anni in Italia. Il Viminale ha 6 mesi per il rilascio del nulla osta. Viene prevista anche la possibilità di rinunciare alla cittadinanza italiana sempre entro i 20 anni.
Ius soli dunque; si, no, ma soprattutto, boh. Per ora, intanto, passa il no: e il sì, se ci sarà, non sarà tra breve; perché non c’è cosa peggiore di fare la cosa giusta, nel momento sbagliato. Il vero problema forse è proprio questo. Lo ius soli intanto sta spaccando la rete, e, senza dar troppo credito a questa percezione, se tanto mi dà tanto, allora potrebbe anche spaccare un governo, facendolo volgere nuovamente al capolinea. Morale, ogni cosa a suo tempo e un tempo per ogni cosa, perché, nel caso specifico, il polverone è stato sollevato nel momento più critico. Immigrazione in crescita, centri al collasso e una propensione all’accoglienza che, potessimo immaginarla al pari delle azioni in Borsa, ci dimostrerebbe che quanto di meglio abbiamo, lo stiamo perdendo. Ciononostante quello dello ius soli è un argomento importante, che ci qualifica non soltanto per ciò che siamo oggi, ma per ciò che saremo in futuro.
Christian Greco
Christian Greco
Ius soli, le leggi non sono uno slogan [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
Parliamo di legge di cittadinanza:
con una “civilissima” protesta contornata da risse in aula e tra le strade di Roma, come un vaso di Pandora, rispolverato dopo essere stato approvato dalla Camera nel 2015, il disegno di legge sullo ius soli, la nuova legge sulla cittadinanza, è arrivato al Senato. Eclatanti le proteste da parte della Lega Nord e l'astensione del Movimento 5 Stelle. Si tratta di un provvedimento che amplia i criteri per ottenere la cittadinanza italiana e riguarda soprattutto minori nati in Italia da genitori stranieri o arrivati in Italia da bambini. Il testo è sostenuto dal Partito democratico e osteggiato dalle principali forze di opposizione.
Ma vediamo più da vicino di che si tratta e quali sono le modifiche introdotte.
L'attuale regolamentazione fa riferimento alla legge 91 del 1992, secondo cui esiste un'unica modalità di acquisizione della cittadinanza ovvero lo iussanguinis (diritto di sangue): un bambino è italiano se almeno uno dei genitori è italiano; ovvero chi è nato in Italia da genitori stranieri può diventare cittadino italiano al compimento dei 18 anni, a patto che abbia mantenuto costantemente dalla nascita la residenza nel nostro Paese.
Sono solo due i casi eccezionali di ius soli in Italia: lo “ius soli temperato” e lo “iusculturae”.
Si parla di ius soli (diritto di suolo), in realtà si tratterebbe di uno "ius soli temperato" poiché solo negli Stati Uniti chi nasce in un certo stato ne ottiene di diritto la cittadinanza.
Perché i neonati con questa legge diventino cittadini italiani, è necessario che almeno uno dei genitori sia titolare di un diritto di soggiorno illimitato, che è uno status difficilissimo da raggiungere, (basti pensare che larga parte degli italiani stessi, non passerebbero i test necessari a ottenerlo);bisogna: che almeno uno dei genitori abbia un permesso di soggiorno Ue di lungo periodo e risulti residente legalmente in Italia da almeno 5 anni, (Il principio dello ius soli non si applicherà, però, ai cittadini europei, visto che il permesso di lungo periodo è previsto solo per gli Stati extra Ue), avere un precedente permesso di soggiorno ordinario valido (quindi non puoi essere clandestino), devi poter dimostrare un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale (quindi devi avere un contratto di lavoro regolare), ed infine superare un test di lingua italiana, che, considerando la quantità di “pultroppo” che si leggono in giro, non è così scontato. Pertanto un genitore che presenta tutti questi requisiti, è considerato integrato nella società italiana, ed il figlio potrà essere, (come vedremo a breve) “forse”, un cittadino italiano. Il fondamento alla base della legge risulta sensato, perché immediatamente legato al fatto che molto probabilmente quel bambino, che crescerà in Italia con una famiglia integrata, sarà effettivamente un ragazzo non extracomunitario, ma siciliano, pugliese, toscano,
lombardo, o, nella sfortuna, marchigiano, condannato quindi a confrontarsi con una serie di persone che fingeranno di sapere dove si trovino le marche…mentendo!
Un altro modo di ottenere la cittadinanza per i minori stranieri è lo“iusculturae” (diritto di conoscenza): Potranno ottenere la cittadinanza anche i minori stranieri nati in Italia, o entrati entro il 12esimo anno, che abbiano “frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti scolastici del sistema nazionale, o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali”. La frequenza del corso di istruzione primaria deve essere coronata dalla promozione. I ragazzi arrivati in Italia tra i 12 e i 18 anni, poi, potranno avere la cittadinanza dopo aver risieduto legalmente in Italia per almeno sei anni e aver frequentato “un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo.
In entrambi i casi, per ottenere la cittadinanza italiana servirà la dichiarazione di volontà del genitore del minore o del suo tutore: dovrà essere consegnata all’ufficiale dello stato civile del Comune di residenza entro il 18esimo anno. In assenza di questa dichiarazione, potrà essere il diretto interessato a richiederla, entro il suo 20esimo compleanno. Le nuove norme valgono anche per gli stranieri in possesso dei nuovi requisiti ma che abbiano superato, all’approvazione della legge, il limite di età dei 20 anni per farne richiesta: un’eccezione per salvaguardare i diritti di chi è già arrivato da anni in Italia. Il Viminale ha 6 mesi per il rilascio del nulla osta. Viene prevista anche la possibilità di rinunciare alla cittadinanza italiana sempre entro i 20 anni.
Ius soli dunque; si, no, ma soprattutto, boh. Per ora, intanto, passa il no: e il sì, se ci sarà, non sarà tra breve; perché non c’è cosa peggiore di fare la cosa giusta, nel momento sbagliato. Il vero problema forse è proprio questo. Lo ius soli intanto sta spaccando la rete, e, senza dar troppo credito a questa percezione, se tanto mi dà tanto, allora potrebbe anche spaccare un governo, facendolo volgere nuovamente al capolinea. Morale, ogni cosa a suo tempo e un tempo per ogni cosa, perché, nel caso specifico, il polverone è stato sollevato nel momento più critico. Immigrazione in crescita, centri al collasso e una propensione all’accoglienza che, potessimo immaginarla al pari delle azioni in Borsa, ci dimostrerebbe che quanto di meglio abbiamo, lo stiamo perdendo. Ciononostante quello dello ius soli è un argomento importante, che ci qualifica non soltanto per ciò che siamo oggi, ma per ciò che saremo in futuro.
Christian Greco
Christian Greco
lunedì 24 luglio 2017
La terra quando non trema, brucia [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
La terra quando non trema, brucia.
Esiste il fuoco sacro, quello dell'anima e quello dell'amore.
Ne esiste un altro, quello "utile", ci scalda fuori, ci tiene in vita.
Ne esiste ancora uno. Quello che non puoi comprendere.
Si, esiste un fuoco che brucia le cose buone, che si rivolta alla mano che gli da la vita. Che distrugge.
Che uccide.
Quel fuoco, più di ogni altra cosa, mi fa comprendere come non esista qualcosa che è solo buona o solo cattiva.
La natura ti aiuta se la rispetti, ma in una mano malata, diventa pericolosa.
Il bosco brucia. Le piante si piegano al vento caldo di un suono che sa di morte.
L'ho visto una volta. E per quanto tu possa non temere la fiamma viva del tuo camino, ti pietrifica all'istante. Si divora i tuoi primi pensieri e le tue parole di rabbia e paura. Ti spazza via. Ti fa sentire piccolo.
Ti fa sentire niente.
C'è qualcuno dietro a ogni incendio che si sente il padrone. C'è una mano malata. Una mente senza perdono.
Un cuore freddo. Mi sono sempre chiesto cosa nasconda la mano che appicca un incendio. Cosa ci sia dietro a quella mano. Qualunquista il pensiero secondo il quale la persona che appicca un incendio è semplicemente malata.
Ci deve essere di più. Un amore morboso per quella sensazione di immortalità. Se sai dominare il fuoco, sei eterno.
Allora brucia. Dagli vita. Fallo crescere. Lascialo libero.
Invece no. C'è sempre un vigliacco dietro quella mano, un uomo che scappa, che lascia il vuoto dietro di se, il silenzio e la morte.
Un vigliacco che quando catturato, si mostra per quello che è. Un luogo di ghiaccio.
Un luogo di morte, che nulla a che vedere con il fuoco. Quello vero.
Quello che alimenta la vita e non la toglie.
Le persone fredde non sanno cosa sia il fuoco. Quello dell'anima, quello buono.
Intanto l’Italia brucia, come sempre in questo periodo, come sempre e basta. Sicilia, Sardegna e poi ancora.
Dove non c’è la malattia dietro a un gesto maledetto, c’è una bravata. Che forse è ancora peggio. Un disagio sociale quando non c’è un disagio della mente. Imprevedibile, irrisolvibile quindi. Irrisolvibile purtroppo. Si arriva sempre un attimo tardi e tutto brucia.
Nel Viterbese quattro amici di cui uno solo maggiorenne fanno la bravata, come dicono loro. Solo il maggiorenne arrestato e gli altri tre deferiti alla Procura di Roma. Il futuro di questi quattro non lo saprà nessuno.
In Sicilia si consuma invece una barbaria nella barbaria. Incendi con gatti messi al rogo come innesco. Personalmente permettere una difesa alla voce “bravata” mi fa sorridere. E non sono mai stato nemmeno uno che nasconde i propri errori dietro la voce “società”.
Non nascondo anche un altro pensiero. C’è senza dubbio qualcosa di doloso in ciò che brucia, e a volte, forse, qualcosa anche di premeditato al di là della bravata.
Ci si dimentica troppo in fretta dell’odore che lascia dietro di sé un incendio. Ma in chi lo vive, resta una ferita che va al di là degli occhi.
Franco Quadalti
Franco Quadalti
La terra quando non trema, brucia [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
La terra quando non trema, brucia.
Esiste il fuoco sacro, quello dell'anima e quello dell'amore.
Ne esiste un altro, quello "utile", ci scalda fuori, ci tiene in vita.
Ne esiste ancora uno. Quello che non puoi comprendere.
Si, esiste un fuoco che brucia le cose buone, che si rivolta alla mano che gli da la vita. Che distrugge.
Che uccide.
Quel fuoco, più di ogni altra cosa, mi fa comprendere come non esista qualcosa che è solo buona o solo cattiva.
La natura ti aiuta se la rispetti, ma in una mano malata, diventa pericolosa.
Il bosco brucia. Le piante si piegano al vento caldo di un suono che sa di morte.
L'ho visto una volta. E per quanto tu possa non temere la fiamma viva del tuo camino, ti pietrifica all'istante. Si divora i tuoi primi pensieri e le tue parole di rabbia e paura. Ti spazza via. Ti fa sentire piccolo.
Ti fa sentire niente.
C'è qualcuno dietro a ogni incendio che si sente il padrone. C'è una mano malata. Una mente senza perdono.
Un cuore freddo. Mi sono sempre chiesto cosa nasconda la mano che appicca un incendio. Cosa ci sia dietro a quella mano. Qualunquista il pensiero secondo il quale la persona che appicca un incendio è semplicemente malata.
Ci deve essere di più. Un amore morboso per quella sensazione di immortalità. Se sai dominare il fuoco, sei eterno.
Allora brucia. Dagli vita. Fallo crescere. Lascialo libero.
Invece no. C'è sempre un vigliacco dietro quella mano, un uomo che scappa, che lascia il vuoto dietro di se, il silenzio e la morte.
Un vigliacco che quando catturato, si mostra per quello che è. Un luogo di ghiaccio.
Un luogo di morte, che nulla a che vedere con il fuoco. Quello vero.
Quello che alimenta la vita e non la toglie.
Le persone fredde non sanno cosa sia il fuoco. Quello dell'anima, quello buono.
Intanto l’Italia brucia, come sempre in questo periodo, come sempre e basta. Sicilia, Sardegna e poi ancora.
Dove non c’è la malattia dietro a un gesto maledetto, c’è una bravata. Che forse è ancora peggio. Un disagio sociale quando non c’è un disagio della mente. Imprevedibile, irrisolvibile quindi. Irrisolvibile purtroppo. Si arriva sempre un attimo tardi e tutto brucia.
Nel Viterbese quattro amici di cui uno solo maggiorenne fanno la bravata, come dicono loro. Solo il maggiorenne arrestato e gli altri tre deferiti alla Procura di Roma. Il futuro di questi quattro non lo saprà nessuno.
In Sicilia si consuma invece una barbaria nella barbaria. Incendi con gatti messi al rogo come innesco. Personalmente permettere una difesa alla voce “bravata” mi fa sorridere. E non sono mai stato nemmeno uno che nasconde i propri errori dietro la voce “società”.
Non nascondo anche un altro pensiero. C’è senza dubbio qualcosa di doloso in ciò che brucia, e a volte, forse, qualcosa anche di premeditato al di là della bravata.
Ci si dimentica troppo in fretta dell’odore che lascia dietro di sé un incendio. Ma in chi lo vive, resta una ferita che va al di là degli occhi.
Franco Quadalti
Franco Quadalti
domenica 23 luglio 2017
Blue whale, il gioco della morte [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
BLUE WHALE/BALENA BLU
“Mi sto tagliando, e non sai che male che fa!”
Perché “Blue Whale”? Per via delle balene a spiaggiarsi e morire!
È quasi psicosi sulla “sfida” che spingerebbe gli adolescenti all’autolesionismo.“Mi sto tagliando, e non sai che male che fa!”
Perché “Blue Whale”? Per via delle balene a spiaggiarsi e morire!
“Non avete molto tempo. Dovete intervenire subito perché mi ha detto che fra poche ore si ucciderà come una delle prime vittime della Balena Blu. E mi ha anche detto che le dispiaceva essere arrivata solo a metà percorso ma che non sopportava più di vivere. E che il gioco lo avrebbe terminato suicidandosi sui binari del treno”.
È un fiume in piena l’amica di chat di Sara, 15 anni, di Fiumicino (il nome è di fantasia), che ha raccontato tutto in una telefonata disperata alle forze dell’ordine. Sara aveva deciso l’epilogo e doveva essere come quello di una delle prime vittime del “gioco”, alla quale il suo “curatore” aveva destinato una morte atroce ma soprattutto diversa dalle altre, affinchè diventasse l’EROINA del “gioco”, alla quale tutti i giocatori potevano ispirarsi.
Blue Whale, la sfida social che porterebbe i ragazzi ad affrontare cinquanta prove estreme in cinquanta giorni, fino al suicido.
È stato inopportunamente chiamato “gioco” e consisterebbe nel compiere una serie di gesti al limite, come camminare sull’orlo dei binari, da immortalare e condivide online.
Non voglio assolutamente negare a voi lettori le regole del “gioco mortale”, perché credo sia doveroso esserne a conoscenza per capire al meglio di cosa sto parlando.
Di seguito le 50 regole:
1. Incidersi sulla mano, con il rasoio, “f57” e inviare una foto al “curatore”;
2. Alzarsi alle 4:20 del mattino e guardare video psichedelici e dell’orrore che il “curatore” invia direttamente;
3. Tagliarsi il braccio con un rasoio lungo le vene, ma non tagli troppo profondi. Solo 3 tagli, poi inviare la foto al “curatore”;
4. Disegnare una balena su un pezzo di carta e inviare una foto al “curatore”;
5. Se si è pronti a “diventare una balena” incidere “yes” su una gamba. Se non si è pronti, tagliarsi molte volte. Ci si deve punire;
6. Sfida misteriosa;
7. Incidere sulla mano con il rasoio “f57” e inviare foto al “curatore”;
8. Scrivere “#i_amo_whale” nello status di Facebook;
9. Superare la paura;
10. Svegliarsi alle 4:20 del mattino e andare sul tetto di un palazzo altissimo;
11. Incidere con il rasoio una balena sulla mano e inviare la foto al “curatore”;
12. Guardare video psichedelici e dell’orrore tutto il giorno;
13. Ascoltare musica inviata dai “curatori”;
14. Tagliare il labbro;
15. Passare un ago sulla mano più volte;
16. Procurarsi del dolore, farsi del male;
17. Andare sul tetto del palazzo più alto e stare sul cornicione per un po’ di tempo;
18. Andare su un ponte e stare sul bordo;
19. Salire su una gru;
20. Il “curatore” controlla se si è affidabili;
21. Avere una conversazione con una “balena” (con un altro giocatore o con un “curatore”) su Skype;
22. Andare su un tetto e sedere sul bordo con le gambe a penzoloni;
23. Un’altra sfida misteriosa;
24. Compito segreto;
25. Avere un incontro con una “balena”;
26. Il “curatore” dirà la data della morte e il “giocatore” deve accettarla;
27. Svegliarsi alle 4:20 del mattino e andare a guardare i binari di una stazione ferroviaria
28. Non parlare con nessuno per tutto il giorno;
29. Fare una nota vocale dove il “giocatore” afferma di essere una “balena”;
Dalla 30 alla 49. Ogni giorno svegliarsi alle 4:20 del mattino, guardare i video horror, ascoltare la musica che il “curatore” invia, fare un taglio, al giorno, sul corpo, parlare a una “balena”;
50. Saltare da un edificio alto. “PRENDETEVI LA VOSTRA VITA”.
Si chiama “Blue Whale”. È una balena blu che trascina nell’abisso gli adolescenti, i giovanissimi più fragili che vivono e si nutrono del virtuale, che cercano di costruire la propria identità fuori dagli schemi usuali, senza mai mettersi in gioco fino in fondo. Il web nasconde le emozioni.
Maschera le debolezze e fa sentire meno insicuri. Sono queste le prede facili dei “giochi mortali” o dell’esibizionismo estremo che diventa un marchio indelebile sulla pelle.
Sara, la ragazza di cui vi ho parlato, introducendo l’articolo, avrebbe dovuto appoggiare la testa sui binari del treno, aspettando che questo passasse, mentre nelle sue orecchie suonava una macabra musica che l’avrebbe accompagnata alla morte.
Oggi la quindicenne di Fiumicino deve la sua vita all’amica di chat che ha creduto alle sue idee suicide e ha chiamato la polizia raccontando la storia.
“Mi sono ripetuta più volte che Sara aveva paura del dolore e che mai si sarebbe autolesionata. E invece non era così. Ho dovuto ingoiare un altro boccone amaro perché quando le ho raccontato che sapevo ormai tutto e che sarebbe arrivata la polizia postale a sequestrare le chat, lei è scoppiata a piangere e mi ha fatto vedere un taglio sull’addome. Un taglio puntellato come se si fosse incisa con un oggetto appuntito. Era una delle tappe previste”.
Ad oggi la “Blue Whale” ha ucciso 157 adolescenti in Russia e solo uno dei tutor è stato arrestato. Il suo nome è Philipp Budeikin, ha 22 anni e al momento dell’arresto ha detto di non essere assolutamente pentito: “I ragazzi sono felici di morire. Il mio obiettivo è quello di pulire la società. Ci sono tanti scarti biologici”.
La Polizia Postale e delle Comunicazioni sta osservando il fenomeno, le loro indagini si concentrano sull’identificazione di adulti, giovani o gruppi di persone che inducono via web bambini e ragazzi ad esporsi ad un rischio concreto per la loro vita. È importante che si segnalino casi di rischio associati a questa pratica. Ogni informazione utile contribuisce a potenziare l’azione della loro azione di protezione dei bambini e dei ragazzi in rete.
Non dimenticate, voi lettori, voi genitori, di vigilare sui figli, di ascoltarli, di comunicare con loro, perché esistono situazioni che, il più delle volte, non hanno un ritorno e che stanno portando alla luce un substrato di patologie e malesseri profondi che si annidano nelle giovani generazioni.
Ilenia Cicatello
Blue whale, il gioco della morte [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
BLUE WHALE/BALENA BLU
“Mi sto tagliando, e non sai che male che fa!”
Perché “Blue Whale”? Per via delle balene a spiaggiarsi e morire!
È quasi psicosi sulla “sfida” che spingerebbe gli adolescenti all’autolesionismo.“Mi sto tagliando, e non sai che male che fa!”
Perché “Blue Whale”? Per via delle balene a spiaggiarsi e morire!
“Non avete molto tempo. Dovete intervenire subito perché mi ha detto che fra poche ore si ucciderà come una delle prime vittime della Balena Blu. E mi ha anche detto che le dispiaceva essere arrivata solo a metà percorso ma che non sopportava più di vivere. E che il gioco lo avrebbe terminato suicidandosi sui binari del treno”.
È un fiume in piena l’amica di chat di Sara, 15 anni, di Fiumicino (il nome è di fantasia), che ha raccontato tutto in una telefonata disperata alle forze dell’ordine. Sara aveva deciso l’epilogo e doveva essere come quello di una delle prime vittime del “gioco”, alla quale il suo “curatore” aveva destinato una morte atroce ma soprattutto diversa dalle altre, affinchè diventasse l’EROINA del “gioco”, alla quale tutti i giocatori potevano ispirarsi.
Blue Whale, la sfida social che porterebbe i ragazzi ad affrontare cinquanta prove estreme in cinquanta giorni, fino al suicido.
È stato inopportunamente chiamato “gioco” e consisterebbe nel compiere una serie di gesti al limite, come camminare sull’orlo dei binari, da immortalare e condivide online.
Non voglio assolutamente negare a voi lettori le regole del “gioco mortale”, perché credo sia doveroso esserne a conoscenza per capire al meglio di cosa sto parlando.
Di seguito le 50 regole:
1. Incidersi sulla mano, con il rasoio, “f57” e inviare una foto al “curatore”;
2. Alzarsi alle 4:20 del mattino e guardare video psichedelici e dell’orrore che il “curatore” invia direttamente;
3. Tagliarsi il braccio con un rasoio lungo le vene, ma non tagli troppo profondi. Solo 3 tagli, poi inviare la foto al “curatore”;
4. Disegnare una balena su un pezzo di carta e inviare una foto al “curatore”;
5. Se si è pronti a “diventare una balena” incidere “yes” su una gamba. Se non si è pronti, tagliarsi molte volte. Ci si deve punire;
6. Sfida misteriosa;
7. Incidere sulla mano con il rasoio “f57” e inviare foto al “curatore”;
8. Scrivere “#i_amo_whale” nello status di Facebook;
9. Superare la paura;
10. Svegliarsi alle 4:20 del mattino e andare sul tetto di un palazzo altissimo;
11. Incidere con il rasoio una balena sulla mano e inviare la foto al “curatore”;
12. Guardare video psichedelici e dell’orrore tutto il giorno;
13. Ascoltare musica inviata dai “curatori”;
14. Tagliare il labbro;
15. Passare un ago sulla mano più volte;
16. Procurarsi del dolore, farsi del male;
17. Andare sul tetto del palazzo più alto e stare sul cornicione per un po’ di tempo;
18. Andare su un ponte e stare sul bordo;
19. Salire su una gru;
20. Il “curatore” controlla se si è affidabili;
21. Avere una conversazione con una “balena” (con un altro giocatore o con un “curatore”) su Skype;
22. Andare su un tetto e sedere sul bordo con le gambe a penzoloni;
23. Un’altra sfida misteriosa;
24. Compito segreto;
25. Avere un incontro con una “balena”;
26. Il “curatore” dirà la data della morte e il “giocatore” deve accettarla;
27. Svegliarsi alle 4:20 del mattino e andare a guardare i binari di una stazione ferroviaria
28. Non parlare con nessuno per tutto il giorno;
29. Fare una nota vocale dove il “giocatore” afferma di essere una “balena”;
Dalla 30 alla 49. Ogni giorno svegliarsi alle 4:20 del mattino, guardare i video horror, ascoltare la musica che il “curatore” invia, fare un taglio, al giorno, sul corpo, parlare a una “balena”;
50. Saltare da un edificio alto. “PRENDETEVI LA VOSTRA VITA”.
Si chiama “Blue Whale”. È una balena blu che trascina nell’abisso gli adolescenti, i giovanissimi più fragili che vivono e si nutrono del virtuale, che cercano di costruire la propria identità fuori dagli schemi usuali, senza mai mettersi in gioco fino in fondo. Il web nasconde le emozioni.
Maschera le debolezze e fa sentire meno insicuri. Sono queste le prede facili dei “giochi mortali” o dell’esibizionismo estremo che diventa un marchio indelebile sulla pelle.
Sara, la ragazza di cui vi ho parlato, introducendo l’articolo, avrebbe dovuto appoggiare la testa sui binari del treno, aspettando che questo passasse, mentre nelle sue orecchie suonava una macabra musica che l’avrebbe accompagnata alla morte.
Oggi la quindicenne di Fiumicino deve la sua vita all’amica di chat che ha creduto alle sue idee suicide e ha chiamato la polizia raccontando la storia.
“Mi sono ripetuta più volte che Sara aveva paura del dolore e che mai si sarebbe autolesionata. E invece non era così. Ho dovuto ingoiare un altro boccone amaro perché quando le ho raccontato che sapevo ormai tutto e che sarebbe arrivata la polizia postale a sequestrare le chat, lei è scoppiata a piangere e mi ha fatto vedere un taglio sull’addome. Un taglio puntellato come se si fosse incisa con un oggetto appuntito. Era una delle tappe previste”.
Ad oggi la “Blue Whale” ha ucciso 157 adolescenti in Russia e solo uno dei tutor è stato arrestato. Il suo nome è Philipp Budeikin, ha 22 anni e al momento dell’arresto ha detto di non essere assolutamente pentito: “I ragazzi sono felici di morire. Il mio obiettivo è quello di pulire la società. Ci sono tanti scarti biologici”.
La Polizia Postale e delle Comunicazioni sta osservando il fenomeno, le loro indagini si concentrano sull’identificazione di adulti, giovani o gruppi di persone che inducono via web bambini e ragazzi ad esporsi ad un rischio concreto per la loro vita. È importante che si segnalino casi di rischio associati a questa pratica. Ogni informazione utile contribuisce a potenziare l’azione della loro azione di protezione dei bambini e dei ragazzi in rete.
Non dimenticate, voi lettori, voi genitori, di vigilare sui figli, di ascoltarli, di comunicare con loro, perché esistono situazioni che, il più delle volte, non hanno un ritorno e che stanno portando alla luce un substrato di patologie e malesseri profondi che si annidano nelle giovani generazioni.
Ilenia Cicatello
sabato 22 luglio 2017
Norman Ohler - Tossici. L'arma segreta del Reich [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS LIBRI]
Il 31 ottobre 1937, gli stabilimenti Temmler registrarono all'Ufficio brevetti di Berlino la prima metilanfetamina tedesca, Nome commerciale: Pervitin. La nuova versione dei farmaci "rivitalizzanti" si diffuse in maniera capillare nella società dell'epoca. "L'eccitante esplose come una bomba, dilagò come un virus e iniziò ad andare a ruba, diventando ben presto normale quanto bere una tazza di caffè." Lo prendevano studenti e professionisti per combattere lo stress, centraliniste e infermiere per star sveglie durante il turno di notte, chi svolgeva pesanti lavori fisici per superare la fatica; e lo stesso valeva per i membri del partito e delle SS. Nel 1939, grazie a Otto Ranke, fisiologo della Wehrmacht, il farmaco prende piede in ambito militare. Anche Mussolini il paziente "D" - fu tenuto sotto stretta sorveglianza dai medici nazisti. Testato durante l'invasione della Polonia, viene distribuito ai soldati delle divisioni corazzate di Guderian e Rommel in procinto di attraversare le Ardenne e inventare il Blitzkrieg, quando la velocità dei mezzi e la capacità di resistenza degli uomini diventano un fattore decisivo. Basato sulle ricerche dell'autore negli archivi tedeschi, che conservano anche le carte del medico personale di Hitler, questo libro è il primo tentativo di indagare il legame tra la struttura del regime nazista e l'uso delle droghe per plasmare e rinforzare la società tedesca. Prefazione di Hans Mommsen.
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