venerdì 12 gennaio 2018

Rupi Kaur [DOWNLOAD DISPENSE APPUNTI RIASSUNTI PDF GRATIS]


Un paio di giorni fa, su un canale satellitare ho visto un programma per in cui veniva mostrata la vita, le opere di Raffaello. Al di là della narrazione della sua vita, ricordo che mi colpì la grandiosità dei suoi dipinti. Non che io sia un intenditore, però voglio dire, non serve un genio per rimanere a bocca aperta di fronte a opere così. Ricordo anche di aver sussurrato una domanda a me stesso mentre guardavo quel programma.
“Oggi, dove sono quegli artisti? Chi sono? Ne esistono?”

Parliamoci chiaro, non solo la tecnologia che in ultimo ha dato un colpo di grazia alla, scusate il gioco di parole, grazia. Tutti assenti, non pervenuti a nulla. Non c’è una città, un luogo, dove viva l’arte. Dove si possano incontrare per strada quelli che un tempo erano i vari Raffaello. I social hanno ribaltato completamente il concetto di rapporto personale. Hanno accorciato a tal punto le distanze tra le persone che le stesse hanno piano piano scelto di non muoversi più. Sia in senso fisico che in senso artistico. Tutti immobili a guardare gli altri o ancora peggio, tutti immobili a mostrare quello che sanno fare. Spesso nulla. Una immensa è incolmabile vetrina de niente. Capita in questo buio di scorgere una luce. Di rado, ma capita. Rupi Kaur, 24 anni, indiana. È nata a Punjab, ma a quattro anni si è trasferita in Canada con la famiglia, e oggi vive a Brampton, in Ontario. Dalla madre ha colto il disegno, da se stessa le parole. Li chiamano Instapoets. Poeti. Questo sono. E che il mondo ormai digitalizzato debba trovargli un nome così poco elegante, ormai poco importa. Rupy scrive, scrive poesie, in carattere minuscolo, senza punteggiatura perché nel suo Paese è così che ha imparato. Tutte le parole hanno l stessa importanza, nessuna punteggiatura a dividere, nessuna maiuscola a prevaricare. Scrive di drammi, di violenze, di alcolismo, di dipendenze, di rotture sentimentali. Lo fa in maniera semplice. Chiara e diretta. Ti viene voglia di iniziare a cambiare la tua vita. Righe scritte, tese come funi o corde di violino. Ci puoi inciampare per caso, saltarle, farci musica per te o per gli altri. Scelte. Intanto lei scrive poesie vere. In Italia aveva fatto parlare di se con una foto postata su Instagram divenuta virale. Lei, sdraiata su un fianco, sul suo letto, visibilmente macchiata dal ciclo mestruale. Cancellata la foto dal social, Rupi aveva intrapreso una battaglia per la sua libertà di pubblicazione, in seguito vinta con tanto di scuse. Anche questa è poesia. Quando vincono i
“deboli”. Rupi e le sue poesie. Rupi, classificata Instapoet. Una parola forse troppo semplice e moderna per poter raccontare la sua vita, i suoi pensieri, il suo cuore. Una parola moderna, per una ragazza che poi tanto moderna non è. Ecco forse la risposta alla mia domanda iniziale. Dove sono finiti gli artisti? Scriveva Jorge Luis Borges...
Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere una etimologia.
Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che intuisce un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.
Ecco dove sono, sono qui, tra noi. Mai invisibili anche se tremendamente silenziosi.
Franco Quadalti

https://drive.google.com/file/d/1KAOK3KvQLzHSbev0tqkwyD3GqjwHCM7I/view?usp=sharing


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