giovedì 31 agosto 2017
Persone o oggetti? Prostituzione minorile [DOWNLOAD DISPENSE APPUNTI RIASSUNTI GRATIS]
La prostituzione minorile è aumentata più del 500% negli ultimi 3 anni e coinvolge in egual misura maschi e femmine. Questo fenomeno va compreso nel sul insieme sotti due differenti aspetti. Da un lato troviamo i ragazzi che volontariamente iniziano ad immaginare e a realizzare un comportamento sessuale deviante, quale fonte di guadagno. Vendono il corpo per trarne un beneficio economico e poter acquistare tutte le “cose”, piccole o grandi, che in quel momento offrono un senso di piacere, potenza e modernità. La causa può essere determinata dalla scissione che i giovani hanno impostato tra l’affettività e la sessualità. Significa che un’attività sessuale senza affetto non ha valore, non ha sentimento ed è quindi replicabile a più riprese. Questi adolescenti si sentono adulti e considerano l’atto sessuale come passeggero e poco significativo. I giovani sono onesti e lo dicono chiaramente. Si ricorda le “ragazze dei Parioli”, la loro prima rivelazione è stata proprio il chiarire che non erano spinte da nessuno, ma si trattava di una loro decisione personale. L’incapacità di difendere il proprio corpo e considerarlo di poco valore ha portato entrambi i sessi a ritenere che un atto sessuale scisso dall’affettività possa non lasciare tracce ma portare solo soldi.
“Mi sono venduto per pagarmi i jeans firmati e una vacanza”, racconta un ragazzo di 16 anni e mezzo che testimonia una diffusione della prostituzione fra i minori. “Andavo con gli uomini solo per soldi. A loro piaceva, a me per niente. Anzi mi faceva schifo. Volevo arrotondare, i miei lavorano e sono figlio unico, ma non vivo nell’oro. Volevo soldi miei”. Dall’altro lato c’è il carnefice, l’adulto perverso e negativo che decide per il minore e per la sua vita. In questo caso, si ricordano le “spose bambine”, che non hanno nessun potere di scelta, sono isolate dalla società e private di un’infanzia normale. Spesso sono vittime di abusi e violenze, tagliate fuori dalla famiglia, dagli amici, dalla
scuola. Il dramma delle “spose bambine” è una piaga mondiale che tocca diversi paesi del mondo. In Turchia, tra il 2010 e il 2015, vi sono state oltre 230 mila unioni tra bambini e adulti. Ma il numero può essere più elevato, dato che molte delle nozze con minori vengono celebrate con rito religioso (non riconosciuto dalla legge turca) e quindi non registrate ufficialmente. A decidere il destino di questi bambini sono le famiglie stesse, a volte addirittura fin dalla nascita. Famiglie povere che vedono in queste unioni un possibile cambiamento di vita, perché l’importante è riuscire a stipulare un accordo con gli uomini più ricchi e importanti. Nulla a che vedere con i sentimenti, la libertà, l’amore. Per questo, sono tante le associazioni e le donne che si battono per impedire i matrimoni di “spose bambine”. In Africa, in India, in Turchia tanto per citarne alcuni. Cambiano i luoghi, ma non le dinamiche!
Spesso si arriva all’altare dopo anni di violenza fisica e psicologica da parte della propria famiglia e di abusi da parte del futuro marito. Ragazzine che diventano madri a 12 anni, che, a volte, muoiono di parto tra l’indifferenza di tutti. Matrimoni precoci, combinati, che possono sfociare in “delitti d’onore”. Nessuna possibilità di lasciare quell’uomo che non si è scelto e che le ha condannate per sempre all’infelicità. La cruda realtà, che sfocia nel mondo, dimostra quanta poca sensibilità sia presente, quanta poca libertà di scelta, di parola, di vivere la propria vita ci sia. Ogni giorno si toccano argomenti differenti, si ascoltano, ci si dispera, si ha paura per i propri figli. Ma qualcuno ha mai deciso di fare qualcosa per cambiare la realtà che ci circonda? Vorremmo che esistesse solo il bene. Ma non si può avere senza agire.
Ilenia Cicatello
Persone o oggetti? Prostituzione minorile [DOWNLOAD DISPENSE APPUNTI RIASSUNTI GRATIS]
La prostituzione minorile è aumentata più del 500% negli ultimi 3 anni e coinvolge in egual misura maschi e femmine. Questo fenomeno va compreso nel sul insieme sotti due differenti aspetti. Da un lato troviamo i ragazzi che volontariamente iniziano ad immaginare e a realizzare un comportamento sessuale deviante, quale fonte di guadagno. Vendono il corpo per trarne un beneficio economico e poter acquistare tutte le “cose”, piccole o grandi, che in quel momento offrono un senso di piacere, potenza e modernità. La causa può essere determinata dalla scissione che i giovani hanno impostato tra l’affettività e la sessualità. Significa che un’attività sessuale senza affetto non ha valore, non ha sentimento ed è quindi replicabile a più riprese. Questi adolescenti si sentono adulti e considerano l’atto sessuale come passeggero e poco significativo. I giovani sono onesti e lo dicono chiaramente. Si ricorda le “ragazze dei Parioli”, la loro prima rivelazione è stata proprio il chiarire che non erano spinte da nessuno, ma si trattava di una loro decisione personale. L’incapacità di difendere il proprio corpo e considerarlo di poco valore ha portato entrambi i sessi a ritenere che un atto sessuale scisso dall’affettività possa non lasciare tracce ma portare solo soldi.
“Mi sono venduto per pagarmi i jeans firmati e una vacanza”, racconta un ragazzo di 16 anni e mezzo che testimonia una diffusione della prostituzione fra i minori. “Andavo con gli uomini solo per soldi. A loro piaceva, a me per niente. Anzi mi faceva schifo. Volevo arrotondare, i miei lavorano e sono figlio unico, ma non vivo nell’oro. Volevo soldi miei”. Dall’altro lato c’è il carnefice, l’adulto perverso e negativo che decide per il minore e per la sua vita. In questo caso, si ricordano le “spose bambine”, che non hanno nessun potere di scelta, sono isolate dalla società e private di un’infanzia normale. Spesso sono vittime di abusi e violenze, tagliate fuori dalla famiglia, dagli amici, dalla
scuola. Il dramma delle “spose bambine” è una piaga mondiale che tocca diversi paesi del mondo. In Turchia, tra il 2010 e il 2015, vi sono state oltre 230 mila unioni tra bambini e adulti. Ma il numero può essere più elevato, dato che molte delle nozze con minori vengono celebrate con rito religioso (non riconosciuto dalla legge turca) e quindi non registrate ufficialmente. A decidere il destino di questi bambini sono le famiglie stesse, a volte addirittura fin dalla nascita. Famiglie povere che vedono in queste unioni un possibile cambiamento di vita, perché l’importante è riuscire a stipulare un accordo con gli uomini più ricchi e importanti. Nulla a che vedere con i sentimenti, la libertà, l’amore. Per questo, sono tante le associazioni e le donne che si battono per impedire i matrimoni di “spose bambine”. In Africa, in India, in Turchia tanto per citarne alcuni. Cambiano i luoghi, ma non le dinamiche!
Spesso si arriva all’altare dopo anni di violenza fisica e psicologica da parte della propria famiglia e di abusi da parte del futuro marito. Ragazzine che diventano madri a 12 anni, che, a volte, muoiono di parto tra l’indifferenza di tutti. Matrimoni precoci, combinati, che possono sfociare in “delitti d’onore”. Nessuna possibilità di lasciare quell’uomo che non si è scelto e che le ha condannate per sempre all’infelicità. La cruda realtà, che sfocia nel mondo, dimostra quanta poca sensibilità sia presente, quanta poca libertà di scelta, di parola, di vivere la propria vita ci sia. Ogni giorno si toccano argomenti differenti, si ascoltano, ci si dispera, si ha paura per i propri figli. Ma qualcuno ha mai deciso di fare qualcosa per cambiare la realtà che ci circonda? Vorremmo che esistesse solo il bene. Ma non si può avere senza agire.
Ilenia Cicatello
Storia del diritto romano [DOWNLOAD DISPENSE APPUNTI RIASSUNTI GRATIS DI GIURISPRUDENZA]
Le XII TAVOLE Il quadro storico in cui nasce l’idea della XII tavole è quello del tormentato rapporto tra patrizi e plebei. Siamo nell’età repubblicana. Si decise pertanto di sospendere le magistrature in vigore nel 451-450 e di nominare una commissione di 10 uomini (decemviri) con poteri illimitati (non erano soggetti nemmeno alla provocatio ad populum) per scrivere le leggi (decemviri legibus scribundis). Dovevano assicurare a tutti uguaglianza di fronte alla legge.
Non vi parteciparono plebei. A capo vi era Appio Claudio. Furono votate dai comizi centuriati 10 tavole. Ma nel 450 fu nominato un secondo collegio con anche i plebei, che scrisse altre due tavole. Ma queste furono giudicate INIQUE (es. introdussero il divieto di nozze tra plebei e patrizi, che poi fu revocato da una legge posteriore). Il collegio si abbandonò presto ad eccessi ed arbitri, il popolo si ribellò e fece cadere il governo dei decemviri, ripristinando le magistrature repubblicane. È molto importante quindi sottolineare come il decemvirato non aveva solo poteri legislativi, ma anche politici. Nel 449 a.c. i consoli Valerio ed Orazio, con la lex valeria Horatia pubblicarono............
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Storia del diritto romano
Storia del diritto romano
mercoledì 30 agosto 2017
Stupro Rimini, una notte di orrore [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
Ho letto di una ragazza violentata in spiaggia. Una violenza consumata sul lungomare di Rimini, verso Riccione però. Le 4 del mattino. Ancora troppo buio per sentirsi al sicuro, ancora troppo presto per andare a dormire l’ultima notte di ferie passate sulla riviera romagnola. Lui e lei, due amici. Una passeggiata forse
di rientro e un branco. Non importano colori o nazionalità. Una violenza come tante purtroppo. Botte per lui, stupro in spiaggia, per lei. Il branco non ha mai pietà. Non ha volto, non ha identità. È la parte peggiore di noi il branco. Quando c’è, svanisce la paura e purtroppo mai solo quella. Se ne va anche la dignità, il
branco se la divora. Se ne vanno i sorrisi, se ne va la lucidità. Se ne va il rispetto. La pietà, la luce. Anche quel po’ che potrebbe esserci su un lungomare, alle 4 del mattino.
Mi accorgo che ho paura anche solo a leggere certe notizie. Non ho mai vissuto in un branco, non ho mai incontrato nessun branco sulla mia strada. Sono stato fortunato in entrambi i casi. Si perché è anche questione di fortuna, non solo non incappare mai davanti a quella bestia, ma anche il non farne parte.
Amici sbagliati, Alcol, droga. Ci puoi trovare di tutto a volte, oltre che al degrado. Alla follia. Quando lo incontri perdi qualcosa che non ti verrà mai più restituito. Quindi nome e cognome valgono per la giustizia quando c’è, certo. Poco altro. Una ragazza stuprata in spiaggia mentre il suo amico tramortito, giaceva a
terra a pochi passi. Potrebbe essere finita qui. Invece no. Lei si è rivestita, ha denunciato, ha scavato dentro a ricordi che probabilmente avrebbe voluto rimuovere da subito, ma che non cancellerà più. E non è tutto, non è ancora la fine. Lavata, accudita, ascoltata, ha incontrato un altro branco. Giudizi, commenti idioti,
inutili. Un branco senza nome fatto di povertà d’animo. Di scherno. Di insulto. La stampa, la politica, la gente. A ognuno la libertà di commentare. A ognuno il proprio posto nel branco. “Lo stupro è peggio all'inizio, poi la donna si calma”. “quando toccherà alla Boldrini e alle donne del PD?”. “Serve la castrazione
chimica”. A chi interessa il nome? Il branco non ne ha. Inutile puntare il dito su qualcuno, che sia un parlamentare, che sia un mediatore culturale o un segretario di partito? A chi serve sapere un nome? Per poi dormire più tranquilli? Mi spaventa il branco. Il primo che arriva a porta via tutto, il secondo che ti riporta i pezzi, il terzo che resta li a guardare senza fare nulla, il quarto che giudica, il quinto…il sesto.
Abbiamo purtroppo messo ormai più di un piede nella direzione sbagliata e non ci salverà la sospensione di qualcuno dal proprio ruolo come non ci salverà in definitiva l’arresto di qualcuno.
Non nell’arresto di qualcuno dobbiamo sperare. Ma nell’arresto di qualcosa. Perché io ho paura. Ne avevo prima di quella notte di Rimini, e ne avrò anche quando il branco avrà pagato.
Intanto mi fermo a pensare, sperando di non incontrarlo mentre aspetto.
Franco Quadalti.
Stupro Rimini, una notte di orrore [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
Ho letto di una ragazza violentata in spiaggia. Una violenza consumata sul lungomare di Rimini, verso Riccione però. Le 4 del mattino. Ancora troppo buio per sentirsi al sicuro, ancora troppo presto per andare a dormire l’ultima notte di ferie passate sulla riviera romagnola. Lui e lei, due amici. Una passeggiata forse
di rientro e un branco. Non importano colori o nazionalità. Una violenza come tante purtroppo. Botte per lui, stupro in spiaggia, per lei. Il branco non ha mai pietà. Non ha volto, non ha identità. È la parte peggiore di noi il branco. Quando c’è, svanisce la paura e purtroppo mai solo quella. Se ne va anche la dignità, il
branco se la divora. Se ne vanno i sorrisi, se ne va la lucidità. Se ne va il rispetto. La pietà, la luce. Anche quel po’ che potrebbe esserci su un lungomare, alle 4 del mattino.
Mi accorgo che ho paura anche solo a leggere certe notizie. Non ho mai vissuto in un branco, non ho mai incontrato nessun branco sulla mia strada. Sono stato fortunato in entrambi i casi. Si perché è anche questione di fortuna, non solo non incappare mai davanti a quella bestia, ma anche il non farne parte.
Amici sbagliati, Alcol, droga. Ci puoi trovare di tutto a volte, oltre che al degrado. Alla follia. Quando lo incontri perdi qualcosa che non ti verrà mai più restituito. Quindi nome e cognome valgono per la giustizia quando c’è, certo. Poco altro. Una ragazza stuprata in spiaggia mentre il suo amico tramortito, giaceva a
terra a pochi passi. Potrebbe essere finita qui. Invece no. Lei si è rivestita, ha denunciato, ha scavato dentro a ricordi che probabilmente avrebbe voluto rimuovere da subito, ma che non cancellerà più. E non è tutto, non è ancora la fine. Lavata, accudita, ascoltata, ha incontrato un altro branco. Giudizi, commenti idioti,
inutili. Un branco senza nome fatto di povertà d’animo. Di scherno. Di insulto. La stampa, la politica, la gente. A ognuno la libertà di commentare. A ognuno il proprio posto nel branco. “Lo stupro è peggio all'inizio, poi la donna si calma”. “quando toccherà alla Boldrini e alle donne del PD?”. “Serve la castrazione
chimica”. A chi interessa il nome? Il branco non ne ha. Inutile puntare il dito su qualcuno, che sia un parlamentare, che sia un mediatore culturale o un segretario di partito? A chi serve sapere un nome? Per poi dormire più tranquilli? Mi spaventa il branco. Il primo che arriva a porta via tutto, il secondo che ti riporta i pezzi, il terzo che resta li a guardare senza fare nulla, il quarto che giudica, il quinto…il sesto.
Abbiamo purtroppo messo ormai più di un piede nella direzione sbagliata e non ci salverà la sospensione di qualcuno dal proprio ruolo come non ci salverà in definitiva l’arresto di qualcuno.
Non nell’arresto di qualcuno dobbiamo sperare. Ma nell’arresto di qualcosa. Perché io ho paura. Ne avevo prima di quella notte di Rimini, e ne avrò anche quando il branco avrà pagato.
Intanto mi fermo a pensare, sperando di non incontrarlo mentre aspetto.
Franco Quadalti.
Diritto penale generale [DOWNLOAD DISPENSE APPUNTI RIASSUNTI GRATIS DI GIURISPRUDENZA]
Che cosa legittima il ricorso dello Stato alla pena? Quali sono i presupposti e gli scopi?
La risposta è offerta dalle teorie della pena:
• Teoria retributiva – la pena statuale si legittima come un male inflitto dallo Stato per compensare (retribuire) il male che un uomo ha inflitto ad un altro uomo o alla società; è assoluta, svincolata dalla considerazione di un qualsivoglia fine da raggiungere.
• Teoria generalpreventiva – legittima la pena come mezzo per orientare le scelte di comportamento della generalità dei suoi destinatari (fa leva sugli effetti di intimazione correlati al contenuto della pena, tali da neutralizzare le spinte a delinquere dei consociati).
• Teoria specialpreventiva – la pena è uno strumento per prevenire che l’autore di un reato commetta in futuro altri reati. Tale funzione può essere assolta nella forma della risocializzazione, della intimidazione o della neutralizzazione (renderlo inoffensivo)........
Dispense utili per i 24 cfu del Concorso per Docenti Scuola [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
Il DM del 10 Agosto 2017 e relativi Allegati, prevedono che per l’accesso ad un Concorso per Docenti Scuola Secondaria di primo e Secondo grado, occorrerà anche la certificazione del possesso di almeno di “24 CFU/CFA acquisiti nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche, garantendo comunque il possesso di almeno sei crediti in almeno tre dei seguenti quattro ambiti disciplinari: pedagogia, pedagogia speciale e didattica dell’inclusione; psicologia; antropologia; metodologie e tecnologie didattiche.
Vi proponiamo alcune dispense per un primo approccio alle tematiche di cui al #concorsoscuola2018
buona lettura.
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Dispense utili per i 24 cfu del Concorso per Docenti Scuola Secondaria
lunedì 28 agosto 2017
Se il migrante va in piscina [DOWNLOAD DISPENSE APPUNTI RIASSUNTI GRATIS]
Se il migrante va in piscina.
Questa mattina sono andato in piscina. Ho salutato in portineria, un saluto veloce dentro lo
spogliatoio, ho incrociato lo sguardo di due sconosciuti.
Sono entrato in acqua. Fredda, molto. Questo lo ricordo bene. Ricordo anche il colore del mio
lettino. Bianco, pure scomodo. Ricordo un bambino che si tuffava da bordo piscina e ricordo bene i
versi sguaiati del bagnino. Ricordo di aver pensato come non ci si possa rapportare verbalmente a
un bambino in quel modo, ma anche come un genitore debba in primo luogo fare in modo che il
proprio figlio rispetti delle semplici regole all'interno di una struttura pubblica.
Ricordo il prezzo di entrata in piscina. Poco meno di 7 euro. Ricordo una signora anziana aiutata da
un assistente. Ricordo una bella mattinata.
C'erano persone di colore?
Quanti bianchi, quanti neri?
No, non lo ricordo. Ma come? Ricordo in pratica tutto.
Esatto. Ricordo tutto, non tutti. O meglio. Ricordo una bella mattinata, e il resto niente.
Cos'è stato quindi importante per me?
Facile, volevo andare in piscina. Nuotare in serenità. Questo è accaduto. Punto.
La favola che ci è raccontata oggi è quella di alcuni ragazzi di colore che sono stati accompagnati
da un sacerdote in una piscina comunale. Il sacerdote aveva provveduto a pagare la quota di tutti,
sia chiaro. Qui la questione non è...qualche negro è stato introdotto abusivamente in piscina. La
stessa piscina dove vanno i bianchi. Che poi l'acqua diventa grigia e a me si rovina la pelle.
Fate ridere. Devo davvero scrivere di alcuni ragazzi di colore che pagando hanno passato un giorno
in piscina? Eppure devo. Devo perché il punto non è l'acqua grigia o i ragazzi neri. No, la questione
è che questi ragazzi non sono solo “negri” ma sono migranti. Allora a te fa schifo se dietro la
schiena hanno un cartello con scritto...”io sono un immigrato”. Perché a te poi disturba che magari
la Chiesa abbia permesso loro di andare, o disturba che ti portino via l'acqua dalla piscina. O magari
ti disturba che ti guardano perché sei bianco.
A te disturba perché quando entri in piscina, guardi quante persone diverse da te ci sono. Ti aiuto.
Nessuno è come te. Mai. Nessuno è come me. Ma tu lo noti.
Lo nota anche la stampa. Lo nota la Chiesa, anzi, lo fa notare. Ed è qui che purtroppo nasce un
dramma.
Le cose accadono e nessuno se ne accorge tranne quando? Tranne quando tu le dici. Quando compi
un'azione e le dai un titolo, allora nasce il problema. Ed è davvero un problema.
Porta quindici immigrati in piscina e sbatti il titolo sul giornale, e vedrai i fuochi di artificio.
Così ha fatto un sacerdote toscano, Don Massimo Biancalani. L'ha fatto, e lo ha gridato.
Come spesso accade in Italia, anche la politica si è schierata. Sono stare spese parole grandi da
Forza Nuova, tanto da spingere la Curia ad annullare la Messa del sacerdote. Per proteggere. Per
preservare.
La politica contro la Chiesa. I bianchi contro i neri. Noi contro di loro.
Poi ci si lamenta della guerra. Cose molto più grandi eh, però dall'intolleranza e sopratutto
dall'ignoranza, nasce di tutto, ma niente di buono.
C'è di mezzo Salvini, c'è di mezzo il Vescovo di Pistoia, Fausto Tardelli, c'è di mezzo la politica, c'è
di mezzo la Chiesa.
Come sempre.
Ci sono di mezzo 15 “negri”, con l'aggravante di essere immigrati.
Quante cazzate. Ci sono di mezzo milioni di ipocriti, altrettanti razzisti.
Un gruppo di ragazzi di colore in piscina e probabilmente qualcuno che ama speculare su di loro.
C'è di mezzo l'informazione, la pubblicità, i soldi, la visibilità.
E tutto ciò che so, è che la provenienza è italiana,e non migrata qui.
Domani torno in piscina. Vi prometto che se c'è anche solo un “negro”, entro ugualmente. Poi come
per il bianco, me ne dimentico, con l'intenzione di passare un'altra bella giornata.
Selfie per tutti.
Franco Quadalti
Questa mattina sono andato in piscina. Ho salutato in portineria, un saluto veloce dentro lo
spogliatoio, ho incrociato lo sguardo di due sconosciuti.
Sono entrato in acqua. Fredda, molto. Questo lo ricordo bene. Ricordo anche il colore del mio
lettino. Bianco, pure scomodo. Ricordo un bambino che si tuffava da bordo piscina e ricordo bene i
versi sguaiati del bagnino. Ricordo di aver pensato come non ci si possa rapportare verbalmente a
un bambino in quel modo, ma anche come un genitore debba in primo luogo fare in modo che il
proprio figlio rispetti delle semplici regole all'interno di una struttura pubblica.
Ricordo il prezzo di entrata in piscina. Poco meno di 7 euro. Ricordo una signora anziana aiutata da
un assistente. Ricordo una bella mattinata.
C'erano persone di colore?
Quanti bianchi, quanti neri?
No, non lo ricordo. Ma come? Ricordo in pratica tutto.
Esatto. Ricordo tutto, non tutti. O meglio. Ricordo una bella mattinata, e il resto niente.
Cos'è stato quindi importante per me?
Facile, volevo andare in piscina. Nuotare in serenità. Questo è accaduto. Punto.
La favola che ci è raccontata oggi è quella di alcuni ragazzi di colore che sono stati accompagnati
da un sacerdote in una piscina comunale. Il sacerdote aveva provveduto a pagare la quota di tutti,
sia chiaro. Qui la questione non è...qualche negro è stato introdotto abusivamente in piscina. La
stessa piscina dove vanno i bianchi. Che poi l'acqua diventa grigia e a me si rovina la pelle.
Fate ridere. Devo davvero scrivere di alcuni ragazzi di colore che pagando hanno passato un giorno
in piscina? Eppure devo. Devo perché il punto non è l'acqua grigia o i ragazzi neri. No, la questione
è che questi ragazzi non sono solo “negri” ma sono migranti. Allora a te fa schifo se dietro la
schiena hanno un cartello con scritto...”io sono un immigrato”. Perché a te poi disturba che magari
la Chiesa abbia permesso loro di andare, o disturba che ti portino via l'acqua dalla piscina. O magari
ti disturba che ti guardano perché sei bianco.
A te disturba perché quando entri in piscina, guardi quante persone diverse da te ci sono. Ti aiuto.
Nessuno è come te. Mai. Nessuno è come me. Ma tu lo noti.
Lo nota anche la stampa. Lo nota la Chiesa, anzi, lo fa notare. Ed è qui che purtroppo nasce un
dramma.
Le cose accadono e nessuno se ne accorge tranne quando? Tranne quando tu le dici. Quando compi
un'azione e le dai un titolo, allora nasce il problema. Ed è davvero un problema.
Porta quindici immigrati in piscina e sbatti il titolo sul giornale, e vedrai i fuochi di artificio.
Così ha fatto un sacerdote toscano, Don Massimo Biancalani. L'ha fatto, e lo ha gridato.
Come spesso accade in Italia, anche la politica si è schierata. Sono stare spese parole grandi da
Forza Nuova, tanto da spingere la Curia ad annullare la Messa del sacerdote. Per proteggere. Per
preservare.
La politica contro la Chiesa. I bianchi contro i neri. Noi contro di loro.
Poi ci si lamenta della guerra. Cose molto più grandi eh, però dall'intolleranza e sopratutto
dall'ignoranza, nasce di tutto, ma niente di buono.
C'è di mezzo Salvini, c'è di mezzo il Vescovo di Pistoia, Fausto Tardelli, c'è di mezzo la politica, c'è
di mezzo la Chiesa.
Come sempre.
Ci sono di mezzo 15 “negri”, con l'aggravante di essere immigrati.
Quante cazzate. Ci sono di mezzo milioni di ipocriti, altrettanti razzisti.
Un gruppo di ragazzi di colore in piscina e probabilmente qualcuno che ama speculare su di loro.
C'è di mezzo l'informazione, la pubblicità, i soldi, la visibilità.
E tutto ciò che so, è che la provenienza è italiana,e non migrata qui.
Domani torno in piscina. Vi prometto che se c'è anche solo un “negro”, entro ugualmente. Poi come
per il bianco, me ne dimentico, con l'intenzione di passare un'altra bella giornata.
Selfie per tutti.
Franco Quadalti
Se il migrante va in piscina [DOWNLOAD DISPENSE APPUNTI RIASSUNTI GRATIS]
Se il migrante va in piscina.
Questa mattina sono andato in piscina. Ho salutato in portineria, un saluto veloce dentro lo
spogliatoio, ho incrociato lo sguardo di due sconosciuti.
Sono entrato in acqua. Fredda, molto. Questo lo ricordo bene. Ricordo anche il colore del mio
lettino. Bianco, pure scomodo. Ricordo un bambino che si tuffava da bordo piscina e ricordo bene i
versi sguaiati del bagnino. Ricordo di aver pensato come non ci si possa rapportare verbalmente a
un bambino in quel modo, ma anche come un genitore debba in primo luogo fare in modo che il
proprio figlio rispetti delle semplici regole all'interno di una struttura pubblica.
Ricordo il prezzo di entrata in piscina. Poco meno di 7 euro. Ricordo una signora anziana aiutata da
un assistente. Ricordo una bella mattinata.
C'erano persone di colore?
Quanti bianchi, quanti neri?
No, non lo ricordo. Ma come? Ricordo in pratica tutto.
Esatto. Ricordo tutto, non tutti. O meglio. Ricordo una bella mattinata, e il resto niente.
Cos'è stato quindi importante per me?
Facile, volevo andare in piscina. Nuotare in serenità. Questo è accaduto. Punto.
La favola che ci è raccontata oggi è quella di alcuni ragazzi di colore che sono stati accompagnati
da un sacerdote in una piscina comunale. Il sacerdote aveva provveduto a pagare la quota di tutti,
sia chiaro. Qui la questione non è...qualche negro è stato introdotto abusivamente in piscina. La
stessa piscina dove vanno i bianchi. Che poi l'acqua diventa grigia e a me si rovina la pelle.
Fate ridere. Devo davvero scrivere di alcuni ragazzi di colore che pagando hanno passato un giorno
in piscina? Eppure devo. Devo perché il punto non è l'acqua grigia o i ragazzi neri. No, la questione
è che questi ragazzi non sono solo “negri” ma sono migranti. Allora a te fa schifo se dietro la
schiena hanno un cartello con scritto...”io sono un immigrato”. Perché a te poi disturba che magari
la Chiesa abbia permesso loro di andare, o disturba che ti portino via l'acqua dalla piscina. O magari
ti disturba che ti guardano perché sei bianco.
A te disturba perché quando entri in piscina, guardi quante persone diverse da te ci sono. Ti aiuto.
Nessuno è come te. Mai. Nessuno è come me. Ma tu lo noti.
Lo nota anche la stampa. Lo nota la Chiesa, anzi, lo fa notare. Ed è qui che purtroppo nasce un
dramma.
Le cose accadono e nessuno se ne accorge tranne quando? Tranne quando tu le dici. Quando compi
un'azione e le dai un titolo, allora nasce il problema. Ed è davvero un problema.
Porta quindici immigrati in piscina e sbatti il titolo sul giornale, e vedrai i fuochi di artificio.
Così ha fatto un sacerdote toscano, Don Massimo Biancalani. L'ha fatto, e lo ha gridato.
Come spesso accade in Italia, anche la politica si è schierata. Sono stare spese parole grandi da
Forza Nuova, tanto da spingere la Curia ad annullare la Messa del sacerdote. Per proteggere. Per
preservare.
La politica contro la Chiesa. I bianchi contro i neri. Noi contro di loro.
Poi ci si lamenta della guerra. Cose molto più grandi eh, però dall'intolleranza e sopratutto
dall'ignoranza, nasce di tutto, ma niente di buono.
C'è di mezzo Salvini, c'è di mezzo il Vescovo di Pistoia, Fausto Tardelli, c'è di mezzo la politica, c'è
di mezzo la Chiesa.
Come sempre.
Ci sono di mezzo 15 “negri”, con l'aggravante di essere immigrati.
Quante cazzate. Ci sono di mezzo milioni di ipocriti, altrettanti razzisti.
Un gruppo di ragazzi di colore in piscina e probabilmente qualcuno che ama speculare su di loro.
C'è di mezzo l'informazione, la pubblicità, i soldi, la visibilità.
E tutto ciò che so, è che la provenienza è italiana,e non migrata qui.
Domani torno in piscina. Vi prometto che se c'è anche solo un “negro”, entro ugualmente. Poi come
per il bianco, me ne dimentico, con l'intenzione di passare un'altra bella giornata.
Selfie per tutti.
Franco Quadalti
Questa mattina sono andato in piscina. Ho salutato in portineria, un saluto veloce dentro lo
spogliatoio, ho incrociato lo sguardo di due sconosciuti.
Sono entrato in acqua. Fredda, molto. Questo lo ricordo bene. Ricordo anche il colore del mio
lettino. Bianco, pure scomodo. Ricordo un bambino che si tuffava da bordo piscina e ricordo bene i
versi sguaiati del bagnino. Ricordo di aver pensato come non ci si possa rapportare verbalmente a
un bambino in quel modo, ma anche come un genitore debba in primo luogo fare in modo che il
proprio figlio rispetti delle semplici regole all'interno di una struttura pubblica.
Ricordo il prezzo di entrata in piscina. Poco meno di 7 euro. Ricordo una signora anziana aiutata da
un assistente. Ricordo una bella mattinata.
C'erano persone di colore?
Quanti bianchi, quanti neri?
No, non lo ricordo. Ma come? Ricordo in pratica tutto.
Esatto. Ricordo tutto, non tutti. O meglio. Ricordo una bella mattinata, e il resto niente.
Cos'è stato quindi importante per me?
Facile, volevo andare in piscina. Nuotare in serenità. Questo è accaduto. Punto.
La favola che ci è raccontata oggi è quella di alcuni ragazzi di colore che sono stati accompagnati
da un sacerdote in una piscina comunale. Il sacerdote aveva provveduto a pagare la quota di tutti,
sia chiaro. Qui la questione non è...qualche negro è stato introdotto abusivamente in piscina. La
stessa piscina dove vanno i bianchi. Che poi l'acqua diventa grigia e a me si rovina la pelle.
Fate ridere. Devo davvero scrivere di alcuni ragazzi di colore che pagando hanno passato un giorno
in piscina? Eppure devo. Devo perché il punto non è l'acqua grigia o i ragazzi neri. No, la questione
è che questi ragazzi non sono solo “negri” ma sono migranti. Allora a te fa schifo se dietro la
schiena hanno un cartello con scritto...”io sono un immigrato”. Perché a te poi disturba che magari
la Chiesa abbia permesso loro di andare, o disturba che ti portino via l'acqua dalla piscina. O magari
ti disturba che ti guardano perché sei bianco.
A te disturba perché quando entri in piscina, guardi quante persone diverse da te ci sono. Ti aiuto.
Nessuno è come te. Mai. Nessuno è come me. Ma tu lo noti.
Lo nota anche la stampa. Lo nota la Chiesa, anzi, lo fa notare. Ed è qui che purtroppo nasce un
dramma.
Le cose accadono e nessuno se ne accorge tranne quando? Tranne quando tu le dici. Quando compi
un'azione e le dai un titolo, allora nasce il problema. Ed è davvero un problema.
Porta quindici immigrati in piscina e sbatti il titolo sul giornale, e vedrai i fuochi di artificio.
Così ha fatto un sacerdote toscano, Don Massimo Biancalani. L'ha fatto, e lo ha gridato.
Come spesso accade in Italia, anche la politica si è schierata. Sono stare spese parole grandi da
Forza Nuova, tanto da spingere la Curia ad annullare la Messa del sacerdote. Per proteggere. Per
preservare.
La politica contro la Chiesa. I bianchi contro i neri. Noi contro di loro.
Poi ci si lamenta della guerra. Cose molto più grandi eh, però dall'intolleranza e sopratutto
dall'ignoranza, nasce di tutto, ma niente di buono.
C'è di mezzo Salvini, c'è di mezzo il Vescovo di Pistoia, Fausto Tardelli, c'è di mezzo la politica, c'è
di mezzo la Chiesa.
Come sempre.
Ci sono di mezzo 15 “negri”, con l'aggravante di essere immigrati.
Quante cazzate. Ci sono di mezzo milioni di ipocriti, altrettanti razzisti.
Un gruppo di ragazzi di colore in piscina e probabilmente qualcuno che ama speculare su di loro.
C'è di mezzo l'informazione, la pubblicità, i soldi, la visibilità.
E tutto ciò che so, è che la provenienza è italiana,e non migrata qui.
Domani torno in piscina. Vi prometto che se c'è anche solo un “negro”, entro ugualmente. Poi come
per il bianco, me ne dimentico, con l'intenzione di passare un'altra bella giornata.
Selfie per tutti.
Franco Quadalti
Storia del pensiero giuridico [DOWNLOAD DISPENSE APPUNTI RIASSUNTI GRATIS DI GIURISPRUDENZA]
IL PENSIERO GRECO
Nell’antica Grecia la scuola non mirava ad avviare l’individuo ad una professione ma piuttosto a formare uomini liberi in grado di operare scelte consapevoli.
Il concetto-guida per il soggetto inserito nella città-stato (polis) era quello che l’interesse politico (interesse della polis) era assolutamente prioritario rispetto all’interesse individuale che pure in esso era ricompreso.
Le istituzioni democratiche con le quali si reggeva la città di Atene consentivano a tutti i cittadini di partecipare attivamente al governo della polis.
Si diffuse la fiducia nel popolo di poter riformare tutta la vita umana attraverso la razionalità.
SOCRATE:
(non scrisse nulla, il suo pensiero ci è pervenuto attraverso le ricostruzioni fatte da Platone, suo discepolo)
Conoscere se stessi. Autorità interna della coscienza, illuminata dalla Ragione, per una consapevolezza critica del proprio agire.
Necessità dell’istruzione come sviluppo della ragione da cui conseguire l’attitudine ad applicare a tutte le sfere della vita dei criteri razionali utili a far trionfare la ragionevolezza, rischiaratrice di tutti i problemi della vita.
Chi aveva fede nella ragione era sicuro di potere e dovere giungere a scoprire un bene non solo per sé ma anche per gli altri.
Occorreva educare i giovani a mettersi al servizio della ragione, sviluppare in loro il pensiero razionale. Solo chi arrivava a percepire cosa fosse il bene per la città poteva aspirare a prendere parte della cosa pubblica.
Compito dei cittadini era rispettare le leggi e le sentenze in una sorta di Patto con lo Stato. In cambio lo stato garantiva al cittadino adempiente tutti i vantaggi derivanti da questo suo impegno.
Il cittadino che percepiva l’iniquità di una legge non poteva arbitrariamente disattenderla ma poteva provare a cambiarla. Se non ci riusciva , poteva scegliere di andare a vivere altrove.
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Diritto ecclesiastico [DOWNLOAD DISPENSE APPUNTI RIASSUNTI GRATIS DI GIURISPRUDENZA]
La scienza giuridica ha un carattere eminentemente unitario, perché oggetto del suo studio è un aspetto della vita sociale, a sua volta, unitario: il diritto in tutte le sue forme e manifestazioni.
Il diritto ecclesiastico studia il settore dell’ordinamento giuridico dello Stato che è volto alla disciplina del fenomeno religioso.
La rilevanza sociale di codesto fenomeno ha importato e importa l’intervento del legislatore nazionale, a vari livelli, e coinvolge, in numerose ipotesi, l’attività della pubblica amministrazione.
Il diritto ecclesiastico, perciò, nonostante l’aggettivo “ecclesiastico” possa far pensare che abbia come oggetto lo studio di un ordinamento confessionale (per l’appunto, del diritto prodotto da una Ecclesia), riguarda uno degli aspetti dell’ordinamento statale.
Per tal ragione, qualche autore ha ritenuto di specificare la formula proponendo quella di diritto ecclesiastico civile, in modo da indicare senza equivoci che oggetto della disciplina è il diritto dello Stato e non quello di un ordinamento confessionale.
Ma gli equivoci sono stati superati da quando è stato abbandonato il criterio monista, seguito dalla scuola storica, implicante lo studio unitario delle norme dello Stato e di quelle della Chiesa cattolica, l’istituzione religiosa più importante del nostro paese.
La disciplina del fenomeno sociale religioso importa che le norme del diritto ecclesiastico civile riguardino le confessioni religiose, quali che esse siano, non ché i singoli individui, in quanto appartenenti ad una di tali confessioni ovvero in quanto non professino alcuna religione.
Il diritto ecclesiastico, però, no n è costituito solo dalle norme prodotte direttamente dal legislatore statale, perché, in non poche occasioni, le norme statali, per la disciplina di dati rapporti, rinviano ad un ordinamento confessionale o presuppongono fatti normativi, atti o negozi prodotti da un ordinamento confessionale.
Perciò, lo studio del diritto ecclesiastico concerne tutto il diritto efficace ed applicabile nell’ordinamento statale per la disciplina del fenomeno religioso; un diritto che, se è di ......
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sabato 26 agosto 2017
Autismo "come disturbo" nella regione Sicilia [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
AUTISMO COME “DISTURBO” NELLA REGIONE SICILIA
L’autismo non è una malattia. Una malattia, infatti, prevede una diagnosi e
una cura: dall’autismo, invece, non si guarisce.
Tecnicamente, l’autismo è un disturbo del neuro sviluppo che
compromette le aree sociali e della comunicazione provocando una
ristrettezza d’interessi con comportamenti rituali e movimenti stereotipati.
Il sospetto che un bambino possa essere affetto da un disturbo autistico
può avvenire già entro i primi 22-24 mesi di vita, tuttavia per un buon
clinico è possibile porre sospetto diagnostico già intorno ai 18-20 mesi.
Scrivere semplicemente di autismo non è molto corretto, sarebbe meglio
riferirsi a uno “spettro autistico”, con il quale si intende la variabilità di
comportamenti osservati all’interno del disturbo.
Gli indicatori più comuni o maggiormente riportati sono:
- Difficoltà ad instaurare contatto oculare;
- Assenza di risposta al sorriso sociale;
- Assenza di risposte di orientamento a stimoli sonori o al proprio
- nome, anche se pronunciate da persone di famiglia;
- Difficoltà a seguire con lo sguardo oggetti in movimento;
- Assenza di gesti comunicativi come indicare, salutare con la mano;
- Difficoltà a seguire con lo sguardo il movimento di indicare altre persone;
- Assenza di comportamenti appropriati per richiamare l’attenzione degli altri;
- Difficoltà a esternare manifestazioni di affetto o riceverle da altre persone;
- Assenza del comportamento di allungarsi per essere preso in braccio;
- Assenza del comportamento imitativo;
- Difficoltà a mettere in atto giochi con altri bambini;
- Difficoltà a richiedere aiuto o oggetti/attività desiderate.
ritardo mentale ed almeno il 50% non sviluppa linguaggio verbale
strutturato.
L’autismo entra nei livelli essenziali di assistenza, difatti il Ministero
dell’economia ha dato il via libera allo schema di intesa sul decreto di
aggiornamento dei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).
Il Ministero della salute ha inviato il documento alla Conferenza Stato-
Regioni, per essere poi esaminato dalle commissioni parlamentari
competenti e quindi recepito in Gazzetta Ufficiale.
Nel documento compare esplicitamente l’autismo, prevedendo “diagnosi
precoce, cura e trattamento individualizzato, integrazione nella vita sociale
e sostegno per le famiglie” con riferimento alla legge sull’autismo, la legge
134/2015.
Per garantire ciò di cui si è parlato precedentemente, risulta indispensabile
una rete di servizi accessibile già dai primi anni di vita del bambino,
specifici per patologia, rigorosi per metodologia e flessibili
nell’erogazione delle prestazioni.
Parlando proprio di una “rete di servizi”, la regione Sicilia, purtroppo,
risulta carente per la rilevazione del bisogno e nell’erogazione dei servizi.
In particolare la rete siciliana presenta molte difficoltà, a condividere un
comune approccio diagnostico e conseguente difficoltà nel creare modelli
di intervento; carenza di formazione delle varie figure professionali; ritardi
nell’individuazione precoce e difficoltà importanti nella possibilità di
attivazione di progetti riabilitativi intensivi e precoci dopo la formulazione
della diagnosi; mancanza di continuità della presa in carico tra l’età
evolutiva e l’età adulta; carenza di centri diurni e residenziali per soggetti
effetti dal disturbo dello “spettro autistico”; mancato coinvolgimento della
famiglia come interlocutore; assenza di una reta integrata di SERVIZI-
SOCIALI- EDUCATIVI che comprenda policlinici universitari, I.R.C.C.S.
(Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico), azienda unità sanitaria
locale, centri riabilitativi convenzionati e privati, scuola, servizi sociali,
enti locali.
Purtroppo non concerne un’ottima prospettiva per il presente ma
soprattutto per il futuro, ma si spera sempre che le cose possano cambiare
per garantire una migliore qualità di vita.
Autismo "come disturbo" nella regione Sicilia [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
AUTISMO COME “DISTURBO” NELLA REGIONE SICILIA
L’autismo non è una malattia. Una malattia, infatti, prevede una diagnosi e
una cura: dall’autismo, invece, non si guarisce.
Tecnicamente, l’autismo è un disturbo del neuro sviluppo che
compromette le aree sociali e della comunicazione provocando una
ristrettezza d’interessi con comportamenti rituali e movimenti stereotipati.
Il sospetto che un bambino possa essere affetto da un disturbo autistico
può avvenire già entro i primi 22-24 mesi di vita, tuttavia per un buon
clinico è possibile porre sospetto diagnostico già intorno ai 18-20 mesi.
Scrivere semplicemente di autismo non è molto corretto, sarebbe meglio
riferirsi a uno “spettro autistico”, con il quale si intende la variabilità di
comportamenti osservati all’interno del disturbo.
Gli indicatori più comuni o maggiormente riportati sono:
- Difficoltà ad instaurare contatto oculare;
- Assenza di risposta al sorriso sociale;
- Assenza di risposte di orientamento a stimoli sonori o al proprio
- nome, anche se pronunciate da persone di famiglia;
- Difficoltà a seguire con lo sguardo oggetti in movimento;
- Assenza di gesti comunicativi come indicare, salutare con la mano;
- Difficoltà a seguire con lo sguardo il movimento di indicare altre persone;
- Assenza di comportamenti appropriati per richiamare l’attenzione degli altri;
- Difficoltà a esternare manifestazioni di affetto o riceverle da altre persone;
- Assenza del comportamento di allungarsi per essere preso in braccio;
- Assenza del comportamento imitativo;
- Difficoltà a mettere in atto giochi con altri bambini;
- Difficoltà a richiedere aiuto o oggetti/attività desiderate.
Circa l’80% delle persone con autismo presenta anche una condizione di
ritardo mentale ed almeno il 50% non sviluppa linguaggio verbale
strutturato.
L’autismo entra nei livelli essenziali di assistenza, difatti il Ministero
dell’economia ha dato il via libera allo schema di intesa sul decreto di
aggiornamento dei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).
Il Ministero della salute ha inviato il documento alla Conferenza Stato-
Regioni, per essere poi esaminato dalle commissioni parlamentari
competenti e quindi recepito in Gazzetta Ufficiale.
Nel documento compare esplicitamente l’autismo, prevedendo “diagnosi
precoce, cura e trattamento individualizzato, integrazione nella vita sociale
e sostegno per le famiglie” con riferimento alla legge sull’autismo, la legge
134/2015.
Per garantire ciò di cui si è parlato precedentemente, risulta indispensabile
una rete di servizi accessibile già dai primi anni di vita del bambino,
specifici per patologia, rigorosi per metodologia e flessibili
nell’erogazione delle prestazioni.
Parlando proprio di una “rete di servizi”, la regione Sicilia, purtroppo,
risulta carente per la rilevazione del bisogno e nell’erogazione dei servizi.
In particolare la rete siciliana presenta molte difficoltà, a condividere un
comune approccio diagnostico e conseguente difficoltà nel creare modelli
di intervento; carenza di formazione delle varie figure professionali; ritardi
nell’individuazione precoce e difficoltà importanti nella possibilità di
attivazione di progetti riabilitativi intensivi e precoci dopo la formulazione
della diagnosi; mancanza di continuità della presa in carico tra l’età
evolutiva e l’età adulta; carenza di centri diurni e residenziali per soggetti
effetti dal disturbo dello “spettro autistico”; mancato coinvolgimento della
famiglia come interlocutore; assenza di una reta integrata di SERVIZI-
SOCIALI- EDUCATIVI che comprenda policlinici universitari, I.R.C.C.S.
(Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico), azienda unità sanitaria
locale, centri riabilitativi convenzionati e privati, scuola, servizi sociali,
enti locali.
Purtroppo non concerne un’ottima prospettiva per il presente ma
soprattutto per il futuro, ma si spera sempre che le cose possano cambiare
per garantire una migliore qualità di vita.
venerdì 25 agosto 2017
Difendo la pace con la paura, e creo la guerra [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
Difendo la pace con la paura, e creo la guerra.
Apro il mio Personal Computer e leggo il giornale. Sembra buffo. Forse lo è. Per pigrizia non esco
mai a comprare un quotidiano, forse nemmeno quando passo davanti ad un'edicola e un titolo mi
colpisce. Vado oltre e mi tengo dentro la curiosità che dura poco più di un attimo. Non guardo quasi
mai la Televisione. Solo in compagnia dei miei genitori che si nutrono di tutti i Tg regionali e non
che passa il cavo. Però si, capita che a volte io apra sul Web una testata giornalistica a caso. Amo il
caso perché in fondo so che non esiste. Oggi leggo un articolo del Corriere della sera che porta
questo titolo “Perché è sbagliato pensare che non si può fermare il terrorismo”. Leggo e l'unica
parola che mi resta in testa è l'ultima. Terrorismo. Mi chiedo quanto io i fondo sia aggiornato sul
tema, mi chiedo se io sappia bene di cosa si stia parlando. Mi chiedo in ultimo, quanti drammi
causati da questa parola, io conosca. Cerco di metterli in fila, tutti, poi devo diminuire il campo di
ricerca mentale, troppi.
Resto nel 2017.
Ancora tanti. Fosse anche solo uno, sarebbe uno di troppo.
Leggo l'articolo del Corriere che in definitiva non mi porta ad appoggiare una soluzione possibile.
Non riesco però nemmeno a comprendere se tra le righe ci sia una soluzione plausibile.
Grave. Colpa mia. Ci penso ancora, rifletto, rileggo.
Mi colpisce una frase.
“Tra vincere e perdere la guerra al terrorismo, c'è una buona via di mezzo: difendersi.”
Questo il commento di Matthew Parris (analista politico e esperto di terrorismo) sul Times, che in
buona sostanza definisce persa questa lotta e trova nell'attenuare i possibili danni, l'unica strada
possibile.
Difendersi quindi, difendendo. Difendendo non solo se stessi ma anche i luoghi più esposti a
rischio. Questa triste lotta ad armi impari ci ha indicato o dove siamo più vulnerabili, attaccabili.
Nudi.
Grossi nodi ferroviari, concerti, strade affollate da turisti. E purtroppo tanto altro. Diventa difficile
se non impossibile quindi sentirsi davvero al sicuro nemmeno in casa propria, se per “casa”
intendiamo anche soltanto la nostra città. Il terrorismo usa la paura prima ancora dell'arma vera e
propria. E riflettendo sul tema “Perché è sbagliato pensare che non si può fermare il terrorismo”,
credo che dove ci sia una possibilità di fermare l'arma, non ci sia una vera e prorpia possibilità di
annientare il vero motore di questa piaga. La paura. La paura viene da dentro, nasce in modo
personale. Se spaventate, le persone reagiranno in maniera differente tra loro e forse sempre
differente ogni volta. Il caos. Questo forse il vero fine del terrorismo prima ancora della morte fisica
e del danno materiale.
Detta così però, sembra quasi che questa minaccia ce la portiamo dentro, sembra un'accusa
personale.
“Non sei tu il cattivo, ma sono io. Io che ho paura di te, io che fuggo, che mi nascondo, che mi
barrico, che ti sparo di rimando, che ti inseguo, che ti giudico. Che nel trovare una soluzione che
vada oltre alla difesa, forse divento come te, forse peggio.
Difendo la pace con la paura, e creo la guerra [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
Difendo la pace con la paura, e creo la guerra.
Apro il mio Personal Computer e leggo il giornale. Sembra buffo. Forse lo è. Per pigrizia non esco
mai a comprare un quotidiano, forse nemmeno quando passo davanti ad un'edicola e un titolo mi
colpisce. Vado oltre e mi tengo dentro la curiosità che dura poco più di un attimo. Non guardo quasi
mai la Televisione. Solo in compagnia dei miei genitori che si nutrono di tutti i Tg regionali e non
che passa il cavo. Però si, capita che a volte io apra sul Web una testata giornalistica a caso. Amo il
caso perché in fondo so che non esiste. Oggi leggo un articolo del Corriere della sera che porta
questo titolo “Perché è sbagliato pensare che non si può fermare il terrorismo”. Leggo e l'unica
parola che mi resta in testa è l'ultima. Terrorismo. Mi chiedo quanto io i fondo sia aggiornato sul
tema, mi chiedo se io sappia bene di cosa si stia parlando. Mi chiedo in ultimo, quanti drammi
causati da questa parola, io conosca. Cerco di metterli in fila, tutti, poi devo diminuire il campo di
ricerca mentale, troppi.
Resto nel 2017.
Ancora tanti. Fosse anche solo uno, sarebbe uno di troppo.
Leggo l'articolo del Corriere che in definitiva non mi porta ad appoggiare una soluzione possibile.
Non riesco però nemmeno a comprendere se tra le righe ci sia una soluzione plausibile.
Grave. Colpa mia. Ci penso ancora, rifletto, rileggo.
Mi colpisce una frase.
“Tra vincere e perdere la guerra al terrorismo, c'è una buona via di mezzo: difendersi.”
Questo il commento di Matthew Parris (analista politico e esperto di terrorismo) sul Times, che in
buona sostanza definisce persa questa lotta e trova nell'attenuare i possibili danni, l'unica strada
possibile.
Difendersi quindi, difendendo. Difendendo non solo se stessi ma anche i luoghi più esposti a
rischio. Questa triste lotta ad armi impari ci ha indicato o dove siamo più vulnerabili, attaccabili.
Nudi.
Grossi nodi ferroviari, concerti, strade affollate da turisti. E purtroppo tanto altro. Diventa difficile
se non impossibile quindi sentirsi davvero al sicuro nemmeno in casa propria, se per “casa”
intendiamo anche soltanto la nostra città. Il terrorismo usa la paura prima ancora dell'arma vera e
propria. E riflettendo sul tema “Perché è sbagliato pensare che non si può fermare il terrorismo”,
credo che dove ci sia una possibilità di fermare l'arma, non ci sia una vera e prorpia possibilità di
annientare il vero motore di questa piaga. La paura. La paura viene da dentro, nasce in modo
personale. Se spaventate, le persone reagiranno in maniera differente tra loro e forse sempre
differente ogni volta. Il caos. Questo forse il vero fine del terrorismo prima ancora della morte fisica
e del danno materiale.
Detta così però, sembra quasi che questa minaccia ce la portiamo dentro, sembra un'accusa
personale.
“Non sei tu il cattivo, ma sono io. Io che ho paura di te, io che fuggo, che mi nascondo, che mi
barrico, che ti sparo di rimando, che ti inseguo, che ti giudico. Che nel trovare una soluzione che
vada oltre alla difesa, forse divento come te, forse peggio.
I cani e i leoni. Quelli veri [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
I cani e i leoni. Quelli veri.
La libertà di espressione ha un limite.
Anzi, fortunatamente più di uno.
La decenza è uno di questi.
Ogni cosa è una medaglia e come ogni medaglia che si rispetti ha due facce. Mi spiego meglio. Hai
presente il Tao?
Sintetizzo. Dentro il bianco un po' di nero. Dentro il nero, una goccia di bianco.
Acqua?
Hai ragione, mi piace giocare. Veniamo al dunque. Ogni avvenimento porta con se un risvolto
diverso dal titolo iniziale. C'è sempre un po' di brutto in ciò che di bello accade e c'è sempre un
boccone amaro da digerire in una buona notizia.
Titolo, la tecnologia. Mi si illuminano gli occhi.
Ai più viene poi il magone dalla gioia quando alla tecnologia si associa una parola che fa tendenza
ormai da anni.
Il social. Viene in mente Facebook, Twitter, passando per Instagram, svoltando per Tumblr. Tutto
ciò che porta il comune mortale sul piedistallo di una fittizia notorietà. Il rovescio della medaglia,
allora, qual è? In realtà, tu che metti il tuo nome e il tuo cognome su una di queste piattaforme,
perdi uno dei superpoteri di cui eri dotato fino al secondo prima, l'invisibilità. Tutti da quel
momento in poi, per tua naturale concessione, sapranno chi sei, dove abiti, cosa mangi, cosa pensi,
cosa sogni, quando vai a dormire, quando vai in bagno. Quando muori.
Oppure?
Oppure metti un nome fittizio e come per incanto mantieni il più bello dei superpoteri e diventi un
signor nessuno.
Ciò che fai diventa protetto, ciò che mangi diventa inutile, ciò che sogni appare immortale. Tu
stesso, non morirai mai. Fantastico. E il rovescio della medaglia? Qual è?
Tu, puoi dire ciò che vuoi e fidati, quella lama non ha un'impugnatura e prima o poi ti fai male. Le
persone prima o poi dicono sempre qualcosa di sconveniente o di sbagliato e appena lo fanno ne
pagano il prezzo. Quando però restano dietro a un nome fittizio o dietro a uno schermo, questo
prezzo sembra davvero piccolo e alla fine quell' errore di parlare, parlare, parlare, diventa troppo
grande.
Ma facciamo un passo indietro. Un passo grande. Andiamo a quando tu uscivi di casa e andavi in
giro per le strade del tuo paesello. Se eri fortunato, potevi incontrare il vicesindaco. Un uomo
comune, con il quale non ti saresti mai preso nemmeno la libertà di dire un buongiorno. Il "social"
ha avvicinato la persona comune, nella fattispecie te, a circa 5 miliardi di persone.
Fantastico!!
In mezzo a questa gente ci trovi pure il sindaco del tuo paese altroché vicesindaco!
Ma c'è pure il sindaco del capoluogo di provincia! Ehi, pure quella ragazza che ti ha lasciato il mese
scorso e la figlia dell'avvocato che ti piace da una vita e che quando incontri diventi talmente rosso
in viso che non ti viene neppure da dire "ciao".
E ora che fai? Eh, ora mica la guardi negli occhi, il coraggio lo trovi e le scrivi..."ehi, ti vedo ogni
giorno, chissà se ti accorgi di me..."
I cani e i leoni. Quelli veri [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
I cani e i leoni. Quelli veri.
La libertà di espressione ha un limite.
Anzi, fortunatamente più di uno.
La decenza è uno di questi.
Ogni cosa è una medaglia e come ogni medaglia che si rispetti ha due facce. Mi spiego meglio. Hai
presente il Tao?
Sintetizzo. Dentro il bianco un po' di nero. Dentro il nero, una goccia di bianco.
Acqua?
Hai ragione, mi piace giocare. Veniamo al dunque. Ogni avvenimento porta con se un risvolto
diverso dal titolo iniziale. C'è sempre un po' di brutto in ciò che di bello accade e c'è sempre un
boccone amaro da digerire in una buona notizia.
Titolo, la tecnologia. Mi si illuminano gli occhi.
Ai più viene poi il magone dalla gioia quando alla tecnologia si associa una parola che fa tendenza
ormai da anni.
Il social. Viene in mente Facebook, Twitter, passando per Instagram, svoltando per Tumblr. Tutto
ciò che porta il comune mortale sul piedistallo di una fittizia notorietà. Il rovescio della medaglia,
allora, qual è? In realtà, tu che metti il tuo nome e il tuo cognome su una di queste piattaforme,
perdi uno dei superpoteri di cui eri dotato fino al secondo prima, l'invisibilità. Tutti da quel
momento in poi, per tua naturale concessione, sapranno chi sei, dove abiti, cosa mangi, cosa pensi,
cosa sogni, quando vai a dormire, quando vai in bagno. Quando muori.
Oppure?
Oppure metti un nome fittizio e come per incanto mantieni il più bello dei superpoteri e diventi un
signor nessuno.
Ciò che fai diventa protetto, ciò che mangi diventa inutile, ciò che sogni appare immortale. Tu
stesso, non morirai mai. Fantastico. E il rovescio della medaglia? Qual è?
Tu, puoi dire ciò che vuoi e fidati, quella lama non ha un'impugnatura e prima o poi ti fai male. Le
persone prima o poi dicono sempre qualcosa di sconveniente o di sbagliato e appena lo fanno ne
pagano il prezzo. Quando però restano dietro a un nome fittizio o dietro a uno schermo, questo
prezzo sembra davvero piccolo e alla fine quell' errore di parlare, parlare, parlare, diventa troppo
grande.
Ma facciamo un passo indietro. Un passo grande. Andiamo a quando tu uscivi di casa e andavi in
giro per le strade del tuo paesello. Se eri fortunato, potevi incontrare il vicesindaco. Un uomo
comune, con il quale non ti saresti mai preso nemmeno la libertà di dire un buongiorno. Il "social"
ha avvicinato la persona comune, nella fattispecie te, a circa 5 miliardi di persone.
Fantastico!!
In mezzo a questa gente ci trovi pure il sindaco del tuo paese altroché vicesindaco!
Ma c'è pure il sindaco del capoluogo di provincia! Ehi, pure quella ragazza che ti ha lasciato il mese
scorso e la figlia dell'avvocato che ti piace da una vita e che quando incontri diventi talmente rosso
in viso che non ti viene neppure da dire "ciao".
E ora che fai? Eh, ora mica la guardi negli occhi, il coraggio lo trovi e le scrivi..."ehi, ti vedo ogni
giorno, chissà se ti accorgi di me..."
mercoledì 23 agosto 2017
Elenco di quiz Cultura generale [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
Elenco di quiz Cultura Generale : Simulazione prove d'esame concorsi pubblici e selezioni università!
CON SOLUZIONI
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Elenco di quiz Logica [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
Elenco di quiz Logica : Ragionamento logico. Simulazione prove d'esame concorsi pubblici e selezioni università!
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sabato 19 agosto 2017
KJ2 - Prova di prepotenza e crudeltà [DOWNLOAD DISPENSE GRATIS]
E così, il Trentino è stato teatro dell’ennesimo “animalicidio” ai danni di un’orsa che non aveva certo
chiesto di esser relegata in Trentino e che, in estrema sostanza, si è resa colpevole di essere un’orsa. Una
decisione voluta, studiata e architettata nel palazzo della Provincia, che ancora una volta si distingue per
crudeltà ed arroganza, in cui, ad un’azione di mera ricollocazione dell’animale, è stato preferito il meno
dispendioso abbattimento. Oltre alle associazioni ed ai cittadini ai cui è stata preclusa ogni forma di
partecipazione rispetto ai processi decisionali, la presunzione del presidente della Provincia Rossi, culmina
nell’ingiustificabile mancato confronto con gli unici soggetti deputati ad aver voce in capitolo, ossia gli
esperti del Ministero dell’ambiente e dell’ISPRA.Il rischio di una valida e sensata alternativa promossa da
quest’ultimi, sarebbe stato grosso, rispetto gli interessi di una politica di bassissimo livello, di stampo
allarmistico, e di pura disinformazione, che fa presa su cittadini impreparati, unitamente alla totale
incapacità di gestione della vicenda da parte degli enti. L’epilogo dell’orso KJ2 è la dimostrazione del
fallimento del progetto Life Ursus in Trentino, il piano di ripopolamento concordato e finanziato in nome
della conservazione dell’Orso Bruno nelle Alpi centro-orientali, oggetto di interessi elettorali, come quelli
che avranno luogo il prossimo anno in Trentino, in cui i partiti anti-orso come il Patt, non vedono l’ora di
“accreditarsi” presso i propri elettori, letteralmente sulla pelle di questi incolpevoli animali, costretti a
rispondere delle molteplici responsabilità dei politici trentini. Ma quel che ancor più indigna, è il lato
“nazionale” della vicenda: la decisione presa a fine luglio dalla Commissione dei 12 di approvare
all’unanimità la famosa “mano libera”, una proposta di norma di attuazione dello Statuto speciale che
consentirebbe al Trentino “di gestire in via ordinaria, quindi in maniera diretta e più rapida,” la presenza
dell’orso e degli altri animali sul territorio. Più rapida di così? Come? Sparando a vista? Un governo degno di
questo nome (spetta all’esecutivo pronunciarsi sulla disposizione attuativa) si guarderebbe bene
dall’avallare una simile richiesta, cioè in sostanza di svendere la gestione della fauna protetta alla provincia
di Trento, abdicando al suo ruolo costituzionale di custode di questo patrimonio.
La Provincia di Trento è un eden che gode da sempre delle più smaccate agevolazioni da parte dello Stato,
di cui addirittura per Statuto non condivide il peso dell'enorme debito pubblico e da cui preleva il 90% delle
entrate erariali. Con l'esiguo residuo lo Stato deve, però, approvvigionare Trento per il fabbisogno di
magistratura e dei restanti servizi di esclusiva spettanza dello stato centrale.
Nessuno ci ridarà l'orsa, ma ritengo doveroso che si prenda spunto dall’episodio (di analfabetismo del
comportamento animale) allucinante e criminale dell'uccisione della povera KJ2 per rinegoziare queste
condizioni capestro per i cittadini italiani che hanno a cuore la tutela dell'ambiente e del meraviglioso
plantigrado che lo popola. E che Trento dimostra, con condotta reiterata e perdurante, di non meritare.
Detto ciò appare scontato approfondire con modalità contingentate se sussistano responsabilità penali a
carico della catena di comando dell'Ente, in relazione all’ipotesi di reato di cui all’art 544 bis “uccisione di
animale”. Contrariamente a quanto sostenuto dal presidente della Provincia Rossi, firmatario dell’ordinanza
di “esecuzione” dell’orsa, fior di esperti giudicano “non necessario” l’abbattimento di un animale, per di più
protetto, che, per esempio, poteva essere ulteriormente monitorato ed eventualmente, in un secondo
tempo, catturato e allontanato. Sono tutte da chiarire, inoltre, le modalità e le circostanze dell’uccisione, di
cui si capisce solo che è stata voluta e preordinata.
Ogni essere vivente femminile conosce il significato di “protezione” diventando genitrice. L’istinto si
avverte dai primi giorni della gravidanza, qualcosa cambia, si avverte, si sente. E proprio quell’impulso
naturale, lo stesso che ha condannato la povera KJ2, fa sì che tutte le appartenenti all’universo femminile
possano essere delle potenziali orse, perché è la legge di natura ad impone la difesa del proprio figlio,
anche con una “zampata” in pieno viso, come farebbe esattamente un’orsa. Le madri dunque in natura
proteggono. Istintivamente, proteggono. Diventano orse. Si trasformano in imponenti colonne che puoi
disintegrare quanto vuoi, ma l’assassino, il demolitore resta chi si macchia di tale colpa. Chi non rispetta, chi
urla addosso ad una donna, chi invade territori, nidi, chi li distrugge e li deturpa per ignoranza, perché
ignora la potenza della Madre, della Natura, che nel frattempo continuerà a riprodursi al fine di proteggere
e proteggerci.
Concludo con una piccola riflessione personale: la stessa denominazione KJ2 palesa tutti i limiti di un uomo,
che, evidentemente, ritiene più naturale attribuire un nome proprio di persona ad un evento climatico,
piuttosto che ad un essere vivente. Volendo parafrasare una nota canzone di Giorgio Gaber, è proprio vero:
“facciamo più schifo che spavento”.
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