BULLISMO E CYBERBULLISMO
UN’EMERGENZA SOCIALE!
UN’EMERGENZA SOCIALE!
Nel marzo 2017 il padre di un tredicenne aggredito in strada dai bulli pubblica su Facebook le immagini del figlio con il volto tumefatto.
“Vi mostro che cosa sta diventando il mondo - scrive come commento alle foto - e ve lo mostro nel modo più vero e crudo, attraverso quello che si chiama bullismo”.Interrogato sul motivo della scelta, il padre del ragazzo spiega che con quelle immagini vuole “suscitare sdegno per accendere un faro su un problema sociale” che coinvolge adulti e bambini. Poi l’appello a denunciare “perché gli autori di tali soprusi non devono passarla liscia”.
Il post riceve decine di migliaia di condivisioni, con commenti di genitori e ragazzi che esprimono solidarietà alla famiglia del tredicenne. Sulla vicenda intervengono anche il sindaco di Mugnano, comune alle porte di Napoli in cui è avvenuta l’aggressione, e altri politici locali.
Ma che cosa si intende per bullismo?
Il “bullismo” consiste in una serie di comportamenti aggressivi, fisici e psicologici, nei confronti di soggetti che non sono in grado di difendersi. Si basa su tre presupposti: intenzionalità, persistenza nel tempo e asimmetria nella relazione.
Il “bullismo” è un fenomeno che si manifesta in vari modi ma, con l’avanzamento delle nuove tecnologie, il suo modo di manifestarsi si è evoluto
facendosi strada attraverso i mezzi di comunicazione ed è per questo che oggi si parla anche di CYBERBULLISMO. Infatti, il “cyberbullismo” viene considerato un’evoluzione del bullismo tradizionale ma, pur condividendo con esso alcune caratteristiche, se ne differenzia in molti aspetti.
Se nel bullismo convenzionale l’asimmetria di potere che viene esercitata dal bullo nei confronti della vittima è di tipo fisico o sociale, in questa nuova forma di aggressività il potere viene imposto attraverso l’abilità e le competenze acquisite nelle nuove tecnologie. Infatti, chi esercita il cyberbullismo si serve della posta elettronica, della messaggistica istantanea, dei blog, degli sms, degli mms o dell’uso di siti web con contenuti offensivi per effettuare azioni di bullismo. Il potere risiede proprio nella capacità di riuscire a molestare gli altri assicurandosi del proprio anonimato (anche se in realtà non è mai anonimo); è proprio questo aspetto che fa sì che venga diminuito ulteriormente il senso di responsabilità da parte del cyberbullo. Cellulari, videofonini, computer, palmari, i-phone, gps e giocattoli elettronici sono tutti strumenti che fanno parte delle nuove tecnologie. I fruitori di tali servizi appartengono a diverse fasce di età e vengono, in particolar modo, utilizzati anche da bambini e adolescenti, i quali risultano essere più vulnerabili al loro influsso e maggiormente esposti agli stimoli negativi. Tali mezzi sono in grado di offrire, a chi ne fa uso, grandi opportunità (specialmente nel campo comunicativo-relazionale) ma, nello stesso tempo, espongono i giovani fruitori a nuovi rischi, tra i quali un esempio sempre più noto e sempre più presente è il cyberbullismo.
Un aspetto di fondamentale rilevanza nella distinzione tra cyberbullismo e bullismo tradizionale, è che, mentre nel bullismo tradizionale, le vittime una volta rientrate nel proprio luogo di abitazione erano al sicuro, in quanto, era la loro casa a proteggerle; il fenomeno del cyberbullismo, invece, si genera attraverso gli strumenti elettronici, che permettono ai bulli di infiltrarsi nelle case delle vittime, di materializzarsi in ogni momento della loro vita, perseguitandole con messaggi, immagini, video offensivi, inviati con i videotelefonini o pubblicati su qualche sito con l’ausilio di Internet.
Ma che cosa induce un giovane a comportarsi da bullo? E, di contro, come si diventa vittima? In entrambi i casi incide l’autostima.
Il bullo mostra un’alta opinione di sé, combinata a narcisismo e manie di grandezza, ma spesso non si sente realmente così e usa l’aggressività per emergere nel gruppo. In genere ha una bassa tolleranza delle frustrazioni.
Le vittime hanno zero fiducia negli amici, pochi, pochissimi quelli veri, scarsa autostima e difficoltà a esprimere le emozioni. C’è chi si nasconde in casa, chi rifiuta i contatti, chi mangia di tutto, chi diventa anoressico e chi si fa male da solo. Nei casi più estremi si arriva fino al suicido.
È possibile prevenire!
Il ruolo educativo di insegnanti e genitori può fare la differenza!
Le terapie per recuperare bulli e bullizzati le spiega il professor Luca Bernardo, direttore della Casa Pediatrica dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano, l’unico centro in Italia che si occupa a livello multidisciplinare di bullismo, cyberbullismo e altre forme di violenza sul web.
“Fondamentale - dice - è far comprendere come gestire le emozioni. Rari i casi in cui si interviene a livello farmacologico: la relazione umana è il punto di partenza. Il cammino che i ragazzi affrontano, o perché costretti dalle forze dell’ordine o perché aiutati da genitori e insegnanti, è sempre lo stesso, e varia nella sua durata a seconda dei casi. Prima uno screening del pediatra, poi 6/12 mesi di percorso psicologico, quindi attività che insegnino ai giovani a stare insieme parlando. Il nuovo progetto consiste in un’uscita in barca, ma organizziamo anche corsi di musica, pittura e autodifesa. La terapia dura da sei mesi a un anno. La differenza di percorso terapeutico tra chi è un “bullo” e chi è una “vittima” sta da un’altra parte, in quello che si deve imparare a gestire. Nel caso di chi commette violenza è necessario capire come incanalare la rabbia e apprendere il rispetto degli altri. Per chi è stato preso di mira dalla violenza altrui il compito è superare l’infinito senso di colpa, difficile da esprimere a parole”.
La legge per il contrasto alle forme di cyberbullismo è stata definitivamente approvata dalla Camera con 432 voti a favore e nessun contrario. Il testo che ha avuto un percorso lungo e accidentato (è passato per tre volte dalle commissioni e le aule di palazzo Madama e di Montecitorio), ha avuto il definitivo ok.
La legge è rivolta soprattutto ai minori. È stata abbassata a 14 anni l’età minima per fare richiesta a siti che gestiscono dati o ai social network di rimuovere un contenuto sgradito, anche se apparentemente non prefigura ipotesi di reato; se il sito non provvederà a rimuovere il contenuto entro 48 ore, dovrà farlo il Garante per la protezione dei dati personali entro altre 48 ore. Se il responsabile è una persona che ha dai 14 ai 18 anni, inoltre, non scatterà un processo ma solamente la cosiddetta “procedura di ammonimento”. Inoltre, ogni scuola sarà invitata a nominare un referente che avvii corsi di formazione per gli insegnanti così che possano avere le competenze per riconoscere questo tipo di comportamenti.
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