giovedì 2 novembre 2017

Attentato a New York [DOWNLOAD DISPENSE APPUNTI RIASSUNTI GRATIS]


“Libre”
Non è che non si possa morire. Si muore, succede. Però se esistesse una graduatoria, mentre compi alcuni gesti dovresti essere immune a tutte le cose brutte, morte compresa. Non si dovrebbe morire mentre sei con amici di una vita a festeggiare qualcosa. Su una bicicletta, con una maglia con scritto “Libre”.
“Libre” è una parola spagnola, tradotta in italiano è “Libertà”. Non si dovrebbe morire con una maglia così addosso. Non si dovrebbe morire per mano di qualcuno che la libertà te la toglie, oltre alla vita.

Hernan, Diego, Ariel, Hernan e Alejandro. È andata così per loro. New York, Manhattan, una pista ciclabile lungo l’Hudson. Nove amici in tutto, argentini, amici da una vita. Avevano scelto la Grande Mela per festeggiare i 30 anni dal diploma. Ariel, una delle vittime, imprenditore, proprietario di un’acciaieria, si era proposto di offrire in regalo questa festa, questo viaggio. Aveva addirittura dovuto posticipare la partenza per un contrattempo, ma non gli è valsa una seconda opportunità. Falciati da un furgone, durante un attentato. Quante parole servono per descrivere questi gesti? Io non ne voglio usare. Non mi sporco le mani. Non parlo di morte, ma di vita. Ai ritrovi con ex compagni di classe si parla di tutto. Del professore che non hai mai dimenticato, della ragazza del banco davanti al tuo. Di uno dei tuoi ex compagni, quello brutto, poi quello sempre pronto alle interrogazioni. Parli della pausa. Delle difficoltà che sembravano più prove titaniche che compiti in classe. Parli di vita. Vita che è passata ma che cerchi di riportarla lì vicino ridendoci sopra, con gli amici di un tempo, su una biciletta. Con addosso una maglietta bianca. A New York c’è tutto quello che ti serve per festeggiare. C’è la città, il parco, la gente, i locali, la vita. I trent'anni dal diploma all'Istituto Politecnico di Rosario, terza città argentina a 300 chilometri da Buenos Aires. Era questa la festa. Ritrovarsi lì, a testimoniare un’amicizia destinata a crescere. Tutti tra i 45 e i 50 anni. Uniti sempre fino alla fine.
Come lo sistemi un mondo così? Come lo rimetti in carreggiata? Cosa serve per dimenticarsi di tutto e ricominciare dall’inizio senza sbagliare un passo e ritrovarsi alla guida di un furgone killer. Cosa serve per salvarsi da tutto questo? Smettere di festeggiare? Appoggiare la bicicletta ad un muro forse, scendere. Andare via a piedi. Senza sorrisi con gli amici forse, senza la maglietta bianca con la scritta “Libertà”?
Mai.
Franco Quadalti


https://drive.google.com/file/d/0B3gEQ4Y3gvH1RG1Sd2lrVUVkT2c/view?usp=sharing

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