mercoledì 8 novembre 2017
Matthew Scully-Hicks - Uccide la figlia adottiva di 18 mesi [DOWNLOAD DISPENSE APPUNTI RIASSUNTI GRATIS]
Matthew Scully-Hicks. Uccide la figlia adottiva di 18 mesi.
“Noi capiamo che i servizi sociali si debbano accertare di affidare i bambini a persone degne di fiducia e per questo devono fare domande difficili in modo da evitare che qualcosa vada storto”.
L’idea di un genitore che vuole un figlio e non può concepirlo. L’idea che diventa un desiderio. Un iter burocratico da seguire. Alla fine, il sogno che si avvera. Queste le parole di Craig ormai più di tre anni fa. Il suo desiderio di avere un figlio con il suo compagno. Matthew Scully-Hicks.
Una coppia gay, sposata nel 2012 in Portogallo poi trasferitasi a Cardiff, in Galles per coronare il proprio sogno. Una famiglia. Non tradizionale, ma siamo tutti più meno d’accordo sul tema “famiglia”. Un luogo pieno d’amore dove crescere dei figli. Dove vive il rispetto. Due figli adottati. Un sogno, poi una tragedia.
Matthew Scully-Hicks, 31 anni. Il 6 novembre è stato riconosciuto colpevole di aver ucciso la bimba di 18 mesi adottata insieme con il marito Craig. L’identità dell’altro figlio, segreta. Una precauzione.
Maggio 2017. L’ha presa e sbattuta al muro, più volte. Lasciata agonizzante per quattro giorni prima di essere stata portata in ospedale. È morta così. Qui non parliamo di gay. Non c’entra nulla la sessualità. Non parliamo nemmeno di famiglia. Non ci sono madri, nemmeno padri. Uno di certo non lo è. Qui c’è un mostro. E forse un sistema che ha fatto acqua. Chi ha dato il benestare per l’affido di certo ora ci sta pensando. L’essere umano è l’animale più pericoloso sulla faccia della terra. Ti mente, ti deruba, ti piega, ti usa, ti uccide. Lo fa anche quando non ti puoi difendere. C’è anche una malattia. Non si può non credere che alla base del folle gesto, non ci sia una falla a livello psicologico. Colpe, malattie. Di certo non ne aveva la piccola Elsie. Gli sms di Matthew Scully-Hicks al marito “Sinceramente è Satana vestito da bambina. Si è appena scolata mezza bottiglia di latte e ora strilla che ne vuole ancora”, “Si sveglia ogni notte ad intervalli regolari, vuole soltanto il ciuccio e attenzione, è una vera e propria diva”. Ci sono mostri travestiti da padri, da madri, da amici. Si svegliano al mattino e si lavano i denti come tutti. Si vestono e salutano il vicino di casa sorridendo. Vanno al lavoro. Ti camminano a fianco e non te ne accorgi. Gli stringi la mano e parli bene di loro perché sai di non dire una menzogna. In fondo, a te, non hanno mai fatto nulla di male. Poi un giorno senti un rumore sordo nel muro. E tutto finisce. Finisce l’inganno di qualcuno, la vita di qualcun altro. Finisce la vita. Si smonta il castello finto della famiglia. Una bambina che muore. E dietro a questa morte l’atrocità dell’uomo. La pazzia. Quattro giorni di camera di consiglio per deliberare. Colpevole. Il rischio è di restare in carcere 25 anni. Troppo pochi. Forse addirittura, una pena sbagliata. Il mostro resta in vita. Io non lo so davvero quale sarebbe la pena giusta per un crimine così. E su due piedi non risponderei. Però quanta rabbia, pensieri che sbattono uno contro l’altro. Dalla pena di morte, all’ergastolo, ai lavori forzati, alla scarcerazione per essere dato in pasto alla gente. Una clinica psichiatrica. Non lo so. E se siete ancora lì a pensare alla coppia gay siete fuori strada. Perché di madri che fanno uguale, ce ne sono. All’omicidio in sé si aggiunge la tragedia dell’agonia che la bambina prima di morire ha dovuto attraversare. Un omicidio nell’omicidio. Allora che fai? Smetto di pensarci o impazzisco. Mi sale la rabbia, mi passa la voglia di aprire un quotidiano. Apro la finestra allora. Non si sente nessuno. Ma non è sempre una buona cosa. A volte il silenzio è peggio delle grida.
Franco Quadalti
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