giovedì 16 novembre 2017
Il cancro a 15 anni [DOWNLOAD DISPENSE APPUNTI RIASSUNTI GRATIS]
Il mio essere pragmatico mi porta sempre a vedere cosa è reale e cosa no. Ciò che non è reale, non serve. È un vincolo. Vittoria e sconfitta sono due facce di una medaglia che non esiste. Non si vince nulla, quindi, non si perde mai. Nello sport, e anche nella vita. Poi per i più questo concetto può sembrare una bestemmia. L’importante è partecipare. Riduttivo? Forse. Parto da lontano stavolta, è vero. Ma ciò di cui vorrei parlarvi merita una parola in più. In un recente video presente in rete, alcuni ragazzi parlano della loro lotta contro il cancro. Se togli l’audio e non leggi le parole scritte, potresti essere di fronte a qualsiasi cosa. Potrebbero parlare di scuola, di sport, di relazioni amorose. Se non te la cavi bene con la lettura del labiale, potrebbero anche parlare di social network, di relazioni familiari, di fame nel mondo, di moda, di quanto la tecnologia abbia ormai preso il sopravvento, di come l’amore alla loro età, condizioni lo studio, di cancro.
Di cancro? Si. Ma come, non è possibile. Facce pulite, sorrisi, occhi vivi. Capelli in testa. Parlano di cancro? E che ne sanno questi ragazzini di cancro? Ma chi è quello che entra in una scuola e si mette a intervistare dei ragazzini su un tema così delicato? Ne parlano, ne parlano con tranquillità, lo hanno vissuto, lo vivono ancora. Ce l’hanno avuto, ce l’hanno. Facce da schiaffi, occhi lucenti, uno poi ride come se dovesse dirti che da grande vuole fare il pilota di un caccia bombardiere da quanto è fiero. Invece parlano di cancro. Di un mostro che hanno conosciuto da vicino, lo hanno visto. Gli si è presentato un giorno qualunque e ha detto “ferma, dove vai? A scuola? No oggi no. Da oggi no. Da oggi, comando io”. Mica deve essere semplice quando non sei più padrone della tua salute. Non dipende più da te. Non serve mangiare la verdura di mamma la sera per pararsi il culo, oppure lavarsi i denti accuratamente per non dover andare dal dentista. Stop. Adesso tu fai ciò che dice lui. Non ho vissuto questa esperienza però anche io una mattina non avevo più il pieno controllo del mio corpo. Così, adesso sto bene, adesso no. Adesso mi alza e vado al lavoro. Ora no. Ora non decidi più. Devi solo combattere una guerra che non pensavi possibile, contro un nemico che non conosci, contro il quale non sei mai stato preparato a giocartela ad armi pari. Vittoria? Sconfitta? Vi racconto qualcosa di me. Una mattina come tante mi sveglio e mi ritrovo a non poter più comandare la parte destra del corpo. A volte sono crampi su un polpaccio, a volte sotto la coscia. A volte perdo il controllo del braccio, a volte quindi, faccio i conti con una tazzina che cade. A volte il pugno mi si stringe così forte che devo aprirmi la mano con l’altra per non soffrire. A volte, per un solo secondo, mi sparisce la vista. Esami su esami. Un disco vertebrale spezzato, molto, troppo vicino alla testa. C’è poco tempo per prepararsi al peggio. Sala operatoria, dita incrociate. Da me non dipende nulla. Semplicemente mi affido. Mi va di culo come si dice dalle mie parti. Torno a casa meglio di prima. Qualche anno dopo, ancora. Dinamica diversa. Tremori e mancanza di sensibilità nel braccio e nella mano sinistra. Non sento caldo, freddo. Non so se sto toccando una superficie ruvida o liscia se non la vedo. Ho più tempo stavolta. Anche se la gravità del danno alla spina dorsale è importante, ho una possibilità. Ho tempo per attaccarmi a quella possibilità. E mentre le persone attorno a me hanno paura. Io sorrido. Entro in sala operatoria sorridendo. Esco, e su quell’unica possibilità che mi era stata data, torno a casa come nuovo. Ancora una volta. Ci sono dei ragazzi che parlano del cancro, lo chiamano mostro, e con il sorriso ti spiegano cosa significa perdere i capelli. Ti spiegano cosa si prova quando nel momento in cui sei più vulnerabile emotivamente, ti sparano la chemio in tutto il corpo come tu fossi un campo di pomodori da riempire di veleno per raccoglierne un
giorno dei frutti sani. Ti raccontano in maniera stringata la parte brutta, le visite, l’iter ospedaliero, le grandi paure. Ma sorridono. E questo sorriso non è il risultato del fatto che il mostro ha abbandonato il loro corpo. Ti assicuro che non è così. Quel sorriso loro ce l’avevano già prima ancora di sapere l’esito finale. La vita sempre decide per tutti. Ad un certo punto dice basta. Un gioco come dico io a volte. Un gioco strano. Un gioco bastardo a volte. Ci sono giorni in cui alcune persone si chiedono come mai non possano avere il tempo di terminare tutti i giri della gara. La vita è così. Un giorno vai a scuola, il giorno dopo no, e non per scelta tua. Uno dei ragazzi dice che probabilmente il cancro ha scelto lui, perché sapeva che lui poteva farcela. Non è così. Purtroppo c’è chi non può raccontare la propria storia. C’è chi non vedrà mai ricrescere i suoi capelli o una troupe televisiva che gira un video su quel mostro e su chi l’ha visto negli occhi. Vincere e perdere. Non si vince se resti in vita, o si perde se muori. Non è quello il traguardo. La vita la comprendi quando entri in sala operatoria sorridendo, sapendo che se c’è una possibilità, tu giochi per quella. Ci sei, sei pronto. La vita la comprendi quando il mostro ti guarda negli occhi e tu, dopo aver pianto, gli sputi in faccia e inizi a raccontarti la verità. Questi ragazzi hanno 15 anni e ti dimostrano che la paura fa parte del gioco. Che si, sono pugni forti che prendi. Poi, ehi, si gioca. Te lo dico perché ci sono passato. E tra morire e passare l’intero tempo che resta seduto su una carrozzina a scrivere con una cannuccia in bocca, non so quanta differenza ci sia. Vuoi per forza trovare un valore di vittoria o di sconfitta nella vita? Vuoi per forza dire se alla fine hai vinto oppure no? Va bene. Allora tieni gli occhi aperti sempre. Ringrazia ogni giorno che ti svegli. Sii grato. Sempre. E se un giorno tocca a te, ricordati la bellezza di questi sorrisi, ricordati che è il coraggio che ti consegnerà la tua medaglia. Non importa quanti giri fai. Falli bene. E sorridi.
Franco Quadalti
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