sabato 28 ottobre 2017
La legge nel cuore [DOWNLOAD DISPENSE APPUNTI RIASSUNTI GRATIS]
Un uomo di 70 anni in difficoltà economica è stato sorpreso a rubare una confezione di salame da pochi euro in un supermercato ad Albenga (Savona) ma i carabinieri chiamati dai titolari hanno pagato il conto e gli hanno evitato la denuncia.
I militari hanno quindi fatto una colletta per aiutare l'uomo, in difficoltà dopo il licenziamento da parte della ditta per cui lavorava, il quale ha ringraziato commosso.
I militari della pattuglia della Stazione di Ceriale giunti rapidamente hanno fermato l'uomo e, ricostruita la vicenda, si sono subito resi conto della situazione: l'uomo, originario di Cuneo e residente a Sanremo, è rimasto senza lavoro, è stato lasciato dalla moglie e i figli non lo cercano più.
Aveva fame e ha rubato il salame.
Una rapida telefonata con il Comandante di Stazione di Ceriale per avere l'autorizzazione e la decisione della pattuglia di pagare il dovuto, evitando all'uomo la denuncia.
Poi la colletta finale.
Con un paradosso, si potrebbe pensare che la bontà, che dicono si aggiri nell' aria di Natale, sia la virtù dei deboli. Oppure di chi, come l'asceta, vive lontano dall' inquietudine del mondo, dal clamore dei propri simili, dalle molte nostre quotidiane e irritanti dipendenze.
Nella cultura occidentale contemporanea, l'eroe che vince è attivo e intraprendente, costruisce fortune economiche, ha il piglio aggressivo del conquistatore, tende con tutti i mezzi leciti o non a diventare un capo. Siamo disposti a riconoscere l'astuzia machiavellica dei mezzi giustificati dal fine, non la caritas evangelica. Forse possiamo ancora trovare un qualche spazio per la pietas, la pietà per i vinti, purché però un vinto ci sia. E' il ruolo agonistico dell'homo homini lupus; potente, votato al successo, un po' corsaro.
L' uomo buono è allora il buon uomo. Destinato a vestire i panni della pecora, quelli di un rinunciatario qualsiasi, se non di un vile. Il buon uomo è colui sul quale non si può infierire ulteriormente, più che temprato dal dolore, ne è sfiancato.
Per il buon uomo si sente soltanto una generica commiserazione. Si è fermamente convinti che questo poveretto non sarà mai un antagonista, ma qualcuno che si arrangia e tira via come può. Oppure un fessacchiotto, un ingenuo. Per operare il bene, invece, non basta il lungo tirocinio di una vita intera.
La bontà è il piacere dell'altro, nasce dall' umiltà di chi conosce molto, soprattutto di sé. L' uomo a cui penso non ha solo bisogno dell'altro, ma lo desidera e questo desiderio diventa una vera e propria struttura della sua vita.
Attraverso questa immagine si possono forse tradurre l'una nell' altra l'etica giudaico-cristiana e il nostro vivere comune. Perché per esempio, l'ideologia del successo non trasformi i principi delle etiche universalistiche in una parodia da avanspettacolo. La solidarietà, la generosità, l'oblatività di chi dovrebbe essere capace di compiere del bene senza farsi vedere, sono invece trasformate in un varietà domenicale.
La relazionalità è la struttura fondamentale dell'essere dell'uomo nel mondo. E' questo il solo vero nutrimento irrinunciabile, e anche il solo terreno autentico su cui siamo chiamati a rispondere della qualità del nostro esserci.
Riuscire a vivere e operare il bene non è un dono naturale, ma una lenta conquista che si raggiunge attraverso la penetrazione profonda di ciò che la vita rappresenta.
Ecco dunque che i parametri della bontà vengono dettati dal singolo rapporto inteso come dimensione relazionale strutturale e necessaria tra l'agente e se stesso, ma anche e soprattutto tra l'agente e colui che riceve. Quante volte nel tentativo di compiere il bene, abbiamo omesso di considerare l'effettiva necessità dell’altro di riceverlo? La bontà nasce come atto di sincera partecipazione; e come esigenza di autentica comunicazione, dobbiamo pertanto tener conto - ascoltando le nostre ragioni e quelle dell' altro - di ciò che vogliamo esprimere e di come potrebbe essere interpretato il nostro agire: il bravo bambino che non fa mai arrabbiare la mamma si muove su un piano di assoluta accondiscendenza alle ragioni dell' altro, ma la sua è compiacenza, è una disponibilità apparente, possibile solo a prezzo di una inibizione attiva della sua aggressività.
La bontà non va confusa con il sentimentalismo o con un generico buonismo che ha a che fare soltanto con i sensi di colpa.
La bontà è un principio attivo motivato dalla conoscenza della necessità e del dolore umano. Non fare agli altri ciò che non vorresti venisse fatto a te, ma forse dovremmo aggiungere non fare a te stesso quello che non faresti agli altri per creare la dimensione di quella giusta misura in cui bontà diventa sinonimo di equilibrio tra ragione e sentimento.
Non è degli ingenui.
Quante volte giudizi affrettati e superficiali hanno confuso la bontà d' animo con l'ingenuità, la debolezza?
Colui che appare disposto ad agire più per il bene altrui che per il proprio viene immancabilmente deriso e spesso isolato. La collettività sembra insomma non rendersi conto che la vera essenza dell'uomo buono non è la debolezza, bensì una salda e intensa forza interiore. Colui che è buono è dunque una persona dotata di una struttura psichica ricca e vigorosa, sviluppatasi nel tempo attraverso un proficuo investimento di risorse nel rapporto con gli altri.
La bontà è una dimensione attiva dell'esistenza, tutt'altro che inerte e un po' ottusa.
Ilenia Cicatello
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