lunedì 30 ottobre 2017

Mobile born [DOWNLOAD DISPENSE APPUNTI RIASSUNTI GRATIS]


Oggi tutti gli occhi sono puntati sui “mobile-born”.
Cioè i bambini di adesso, quelli che prima di imparare a camminare già si sanno muovere con agilità su smartphone e tablet. 
In un articolo pubblicato su TechCrunch, Paul Holland, general partner alla Foundation Capital, si interroga su cosa i “mobile-born”, una volta cresciuti, si attendano dalla tecnologia. A cominciare dal lavoro: secondo Holland, il loro approccio al mobile costringerà a ripensare modi e tempi della tradizionale giornata in ufficio, tra nuove interfacce, software e hardware da rimettere a nuovo. 
Sempre se gli uffici come li conosciamo oggi esisteranno ancora: magari tra qualche anno ci saranno solo “nuvole” alle quali collegarsi per lavorare.
La parola-chiave, in ogni caso, è l’interattività. Che si tratti di lavoro o di svago: basta guardare un 12enne alle prese con i compiti – fa notare Holland – per capire che per lui “tv, laptop, smartphone, iPod e tablet si combinano insieme per raccogliere informazioni utili”. A vincere, secondo lui, sarà l’internet delle cose: “I mobile-born si aspettano che tutto possa essere implementato con un software”. 
Per vedere come sarà cambiato il mondo quando i “mobile-born” saranno grandi, però, c’è ancora tempo. 
Per ora, la curiosità dei bambini per tablet e affini rappresenta una nuova sfida soprattutto per le aziende. Che, in modi diversi, puntano sulla nuova generazione che cresce a pane e mobile. 
Intel, per esempio, ha appena acquisito Kno, una startup specializzata nella costruzione di software educativi. Il prodotto di punta della società, fondata nel 2009, sono i libri di testo interattivi da sfogliare tramite mobile. 
L’acquisizione, per Intel, fa parte di un progetto di più ampio respiro: l’affermazione dei propri tablet educativi nelle aule scolastiche. Anchemister Facebook tiene gli occhi puntati sui “mobile-born”: Mark Zuckerberg ha appena investito (insieme ad altri big, da Google all’università di Yale) in Panorama Education.

La startup, nata nel 2012, utilizza i sondaggi online per raccogliere dati che poi vengono elaborati ed utilizzati per migliorare l’ambiente scolastico, cercando di risolvere problemi come il bullismo. Ora la utilizzano circa 400 scuole in tutti gli Usa per un totale di 1 milione di ragazzi, ma il prossimo obiettivo è l’espansione in tutto il mondo.
E c’è anche chi prova a creare versioni a prova di bambino di strumenti già utilizzati dagli adulti: la startup israeliana Twigis, per esempio, ha lanciato un social network e portale di informazione per i bimbi tra i 6 ed i 12 anni.
Non tutti, però, guardano ai “mobile-born” con entusiasmo. Farà bene questa “overdose” di tecnologia a bambini così piccoli? C’è chi resta scettico: come Randi Zuckerberg, la sorella minore del fondatore di Facebook Mark, che ha appena pubblicato un libro sulle avventure di una bambina, Dot, che scopre quanto il mondo può essere divertente solo dopo aver posato l’adorato smartphone.
L’evoluzione delle nuove tecnologie legate al progresso informatico
(internet, pc, tablet, dispositivi elettronici sempre più sofisticati ed interattivi, come smart-tv, smartphone...) utilizzate prevalentemente con uno scopo comunicativo, ha generato un innovativo modo di pensare, di immagazzinare informazioni, di apprendere, di interagire, di reagire al mondo ed alla realtà.
Utilizzando i device interattivi l’intelligenza dei digitalborn segue i dettami di un apprendimento spaziale, multitasking, basato sulle regole dell’ipertesto (cioè di una lettura digitale – digitalreading – che non è più lineare, ma si realizza su una pluralità di testi, documenti e contenuti di vario genere inerenti un determinato argomento, organizzati ed immediatamente fruibili attraverso la selezione di parole chiave – normalmente evidenziate o colorate – che fungono da collegamento, come veri e propri nodi di una rete), costringe ad imparare per esplorazione e attraverso salti cognitivi, e segue processi di serendipità (casualità: neologismo nato per spiegare come questo tipo di fruizione multimediale spesso conduca a felici scoperte o inattesi apprendimenti, normalmente scollegati dal tema iniziale).
La digitalità ci ha condotto ad uno stravolgimento delle modalità comunicative, espressive ed interattive, in funzione della costruzione di nuovi pattern di adattamento cognitivo al mondo digitale. 
Un esempio sono gli sms twitterizzati che quotidianamente inviamo e che attraverso gli emoticons istantaneamente ci consentono di rendere esplicito un personale contenuto emotivo, una gioia, uno stato di stupore o un cambiamento di stato. 
Gli adulti, con le radici immerse nella concretezza della rivoluzione industriale, e le fronde al vento virtuale dell’era informatica, sono spesso i primi a restare confusi dalla variazione delle coordinate in corso, e si mostrano indecisi sul sistema di valori da seguire. 
Frequentemente vengono descritti dai ragazzi come una generazione muta, incapace di parole che risuonino, depressa, triste, che ha rinunciato o non è stata in grado di educare. 
E mentre loro – i giovani – si muovono in questa selva digitale con la rapida naturalezza degli indigeni, noi genitori ed educatori, finiamo per sentirci immigrati in un mondo di cui ci sfuggono regole ed agganci, finendo per chiederci cosa poter dire loro di credibile, come poterci equipaggiare per essere accattivanti e convincenti verso chi ha un’esperienza innata di un mondo così virtualizzato e tecnomediato. 
Gli adulti hanno rinunciato al ruolo pedagogico o tendono a delegarlo.
I giovani sono bersagliati, spesso senza protezione, fin dalla tenera età – e per tutto il periodo in cui si sviluppano le loro competenze linguistiche, scientifiche ed informatiche – da forme di comunicazione multimediale rutilanti e intensive, che fanno leva sulla loro emotività e sul motore di ogni conoscenza: la curiosità. Ma in forma indotta e manipolatoria.
Non lasciamo che la nostra vita dipenda da un mondo del tutto virtuale.
Ilenia Cicatello


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